Scopro solo ora, al tuo nono calotipo, questo thread e ti faccio tutti i miei complimenti: sei riuscito ad affascinarmi e a farmi provare sensazioni che forse sono simili a quelle che provò il tuo quasi omonimo predecessore.
Scopro solo ora, al tuo nono calotipo, questo thread e ti faccio tutti i miei complimenti: sei riuscito ad affascinarmi e a farmi provare sensazioni che forse sono simili a quelle che provò il tuo quasi omonimo predecessore.
Ti ringrazio.
Mentre digito sulla tastiera, fuori in giardino è in esposizione il decimo. Questa volta ho usato un cartoncino da disegno più spesso e l'ho lavato con acqua corrente per asportarne la colla, prima di sensibilizzarlo. Spero di riuscire ad ottenere così una stesa uniforme e continua.
Un saluto
Enrico
Ciao Enrico,
una curiosità: come ti sei regolato per la scelta dei tempi di esposizione? ti sei rifatto agli esperimenti di Talbot, usando i tempi che lui dichiarava, o sei riuscito a calcolare esattamente la relazione tra materiale sensibile e tempo di espozione, in questo caso si potrebbe avere una stima di ISO equivalenti? (sto dicendo una fesseria? spero non sia troppo grossa!)
R.
una curiosità: come ti sei regolato per la scelta dei tempi di esposizione? ti sei rifatto agli esperimenti di Talbot, usando i tempi che lui dichiarava, o sei riuscito a calcolare esattamente la relazione tra materiale sensibile e tempo di espozione, in questo caso si potrebbe avere una stima di ISO equivalenti? (sto dicendo una fesseria? spero non sia troppo grossa!)
R.
non ho parole!!!!
solo tanta, immensa ammirazione....
un grande!!!!
solo tanta, immensa ammirazione....
un grande!!!!
Ciao Enrico,
una curiosità: come ti sei regolato per la scelta dei tempi di esposizione? ti sei rifatto agli esperimenti di Talbot, usando i tempi che lui dichiarava, o sei riuscito a calcolare esattamente la relazione tra materiale sensibile e tempo di espozione, in questo caso si potrebbe avere una stima di ISO equivalenti? (sto dicendo una fesseria? spero non sia troppo grossa!)
R.
Grazie Ironic.
Riccardo,
per l'esposizione, poiché ho letto che Talbot impiegava da un'ora a due ore in pieno sole, ho fatto delle prove. Anche perché non conosco la luminosità delle sue "trappole". La mia l'ho diaframmata ad f/5,6 per ridurre le aberrazioni. Poichè la lunghezza focale del mio obiettivo artigianale è di 16,7 cm (100 cm / 6 diottrie), ho praticato in un disco di cartone, che antepongo alla lente frontale dell'obiettivo, un foro di 3 cm di diametro (16,7 cm diviso 5,6). La prima prova doveva servirmi soprattutto per avere una indicazione di massima sull'esposizione. Visto che un'ora mi dava una immagine sottoesposta, ho raddoppiato il tempo. Ora, in pieno sole uso dalle due ore ad un'ora e mezza. Il calotipo che sto riprendendo adesso ha per soggetto degli annaffiatoi ed una poltroncina, che non sono in pieno sole. Ho quindi dato una esposizione di 3 ore. Debbo procurarmi dello ioduro di potassio da usare al posto del cloruro di sodio. Trattando la carta con questo nuovo sale e col solito nitrato d'argento, si produce ioduro d'argento che è più sensibile del cloruro, per cui dovrei far scendere i tempi. Di quanto? Anche qui occorreranno delle prove. Per i valori ISO, si potrebbe fare. Tieni presente che ho effettuato una ripresa col tempo di un'ora e mezza (sempre ad f/5,6) La D200 mi dava per la stessa scena, 1/400 di sec ad f/8 ed a 400 ISO. Da questi dati si può ricavare un valore ISO della carta che sarà ovviamente un numero molto piccolo.
Un saluto.
Enrico
Grazie per la risposta Enrico, vedrò di fare due conti con calma.
Approfitto della tua disponibilità per chiederti un'altra curiosità: tu adesso usi photoshop per rendere positivo il tuo calotipo scansionato, volendo farlo in maniera "analogica" come dovresti operare? Ovvero come procedeva Talbot per ottere il positivo?
R.
Approfitto della tua disponibilità per chiederti un'altra curiosità: tu adesso usi photoshop per rendere positivo il tuo calotipo scansionato, volendo farlo in maniera "analogica" come dovresti operare? Ovvero come procedeva Talbot per ottere il positivo?
R.
Grazie per la risposta Enrico, vedrò di fare due conti con calma.
Approfitto della tua disponibilità per chiederti un'altra curiosità: tu adesso usi photoshop per rendere positivo il tuo calotipo scansionato, volendo farlo in maniera "analogica" come dovresti operare? Ovvero come procedeva Talbot per ottere il positivo?
R.
Talbot all'inizio "stabilizzava" il negativo immergendolo in una soluzione forte di sale da cucina. In pratica. lo rendeva meno sensibile alla luce. Quel tanto che gli permetteva di fare una esposizione per contatto con un altro foglio di carta ed ottenere quindi un positivo. Si trattava soltanto di una stabilizzazione perchè, anche se più lentamente, col tempo anneriva lasciando scomparire l'immagine, in quanto il cloruro d'argento non esposto, rimaneva nell'emulsione. Successivamente, su consiglio di Herschel, il noto scienziato , utilizzò l'iposolfito di sodio ( quello che si usa tutt'oggi) che invece asporta gli alogenuri non colpiti dalla luce e rende l'immagine stabile.
Prima di lui, Niepce era riuscito a registrare l'immagine della camera oscura (la finestra della sua casa di campagna con una voliera), ma non era stato capace di fissarla (stesso problema che interruppe le ricerche di Wegdwood). Vedeva come un insuccesso il fatto che le luci apparissero nere e le ombre bianche e si dedicò alla ricerca di una sostanza che sotto la luce divenisse bianca. La trovò nel bitume di giudea e riuscì a produrre quella che è considerata la prima fotografia della storia, anche se il tempo di posa di 8 ore e la pessima qualità del risultato fecero terminare lì gli esperimenti. I libri dicono che a Niepce non balenò l'idea del processo negativo/positivo. Io penso invece che, se pur l'idea gli venne in mente, non potè realizzarla proprio perchè non trovò il metodo di stabilizzare l'immagine. Se avesse posto il suo negativo su di un foglio di carta sensibilizzata, all'esposizione alla luce, si sarebbe annerito prima che sul positivo si fosse prodotta la minima traccia dell'immagine.
Si, uso Photoshop per convertire il negativo in positivo. Con la scansione, mi assicuro di non perdere la prova. Un primo tentativo di fissaggio non è andato a buon fine. Mi riprometto di seguire tutto il procedimento di Talbot, dalla stabilizzazione con il cloruro fino al controtipo, ma quest'estate quando avrò più tempo a disposizione. Ho estratto dopo 3 ore il decimo calotipo e... neppur la minima traccia di annerimento. Come se il nuovo cartoncino da disegno non avesse assorbito la benché minima soluzione. Eppure l'ho lavato sotto il rubinetto per asportare eventuale colla, prima di sensibilizzarlo. Credo che mi convenga fare delle prove in piena luce per arrivare ad un metodo e trovare un materiale che mi assicuri bontà e costanza di risultati.
Un saluto
ENrico
Un saluto
Enrico
Enrico, questa cosa sta diventando sempre più interessante. Ormai, qui, abbiamo un appuntamento fisso con te.
Apeiron
Apeiron
Enrico, questa cosa sta diventando sempre più interessante. Ormai, qui, abbiamo un appuntamento fisso con te.
Apeiron
Ne sono contento Apeiron. Sono contento per due motivi, per il lavoro che sto portando avanti che mi entusiasma, e per la consapevolezza di avere tanti amici che mi seguono in questa avventura.
Grazie a tutti, è come se stessi lavorando insieme a voi.
Enrico
Allora,
Riccardo mi ha fatto xxx la curiosità e mi sono messo a calcolare il valore ISo della mia carta calotipica.
Sono partito da questi dati, relativi ad una ripresa (il secondo calotipo, riusciti ben esposto:
f/5,6 ad un'ora e mezza, pari a 90 minuti e cioè 540 secondi
Contemporaneamente, i dati exif della D200 con la quale avevo fotografato la stessa scena, mi davano f/8, 1/400 di secondo ISO 400
Per pareggiare l'apertura, con f/5,6 e sempre 1/400 di secondo, avrei dovuto impostare gli ISO della digitale a 200
Con excel ho impostato due colonne: la prima lungo la quale il tempo veniva raddoppiato di casella in casella; la seconda lungo la quale gli ISO venivano dimezzati ugualmente di casella in casella.
Ad un tempo di esposizione di 540 secondi corisponde corca un valore di 0,001 ISO. Se non ho sbagliato qualcosa, la mia carta deve avere una sensibilità di un centesimo di ISO
Un saluto
Enrico
Ho fatto qualche errore di battitura, scusate, ma sono tornato or ora da una seduta dal dentista...
Riccardo mi ha fatto xxx la curiosità e mi sono messo a calcolare il valore ISo della mia carta calotipica.
Sono partito da questi dati, relativi ad una ripresa (il secondo calotipo, riusciti ben esposto:
f/5,6 ad un'ora e mezza, pari a 90 minuti e cioè 540 secondi
Contemporaneamente, i dati exif della D200 con la quale avevo fotografato la stessa scena, mi davano f/8, 1/400 di secondo ISO 400
Per pareggiare l'apertura, con f/5,6 e sempre 1/400 di secondo, avrei dovuto impostare gli ISO della digitale a 200
Con excel ho impostato due colonne: la prima lungo la quale il tempo veniva raddoppiato di casella in casella; la seconda lungo la quale gli ISO venivano dimezzati ugualmente di casella in casella.
Ad un tempo di esposizione di 540 secondi corisponde corca un valore di 0,001 ISO. Se non ho sbagliato qualcosa, la mia carta deve avere una sensibilità di un centesimo di ISO
Un saluto
Enrico
Ho fatto qualche errore di battitura, scusate, ma sono tornato or ora da una seduta dal dentista...
enrico, ti sto seguendo con molto interesse...ti ammiro in silenzio. Impallidisco alla tenacia con cui affronti questo passo indietro nei tempi, quasi alla ricerca di un ingrediente perduto. Mi piace la filosofia con cui vivi i tuoi esperimenti e la tua determinazione nel portarli avanti.
Ecco... solo questo. Volevo farti i miei piu' sentiti complimenti ad alta voce perche' credo che questo tuo spirito nella ricerca (e nella riprova) sia da standing ovation.
Grazie
.oesse.
Ecco... solo questo. Volevo farti i miei piu' sentiti complimenti ad alta voce perche' credo che questo tuo spirito nella ricerca (e nella riprova) sia da standing ovation.
Grazie
.oesse.
enrico, ti sto seguendo con molto interesse...ti ammiro in silenzio. Impallidisco alla tenacia con cui affronti questo passo indietro nei tempi, quasi alla ricerca di un ingrediente perduto. Mi piace la filosofia con cui vivi i tuoi esperimenti e la tua determinazione nel portarli avanti.
Ecco... solo questo. Volevo farti i miei piu' sentiti complimenti ad alta voce perche' credo che questo tuo spirito nella ricerca (e nella riprova) sia da standing ovation.
Grazie
.oesse.
Grazie oesse, grazie di cuore.
Enrico
Sto risistemando il mio progetto della macchina per calotipi, al fine di metterlo a disposizione in formato pdf.
Intanto, nell'attesa del prossimo calotipo, vi fornisco qualche informazione sull'obiettivo, il primo elemento che ho costruito ed in base al quale ho disegnato il resto della macchina:
L’obiettivo è formato da due lenti da occhiali (menisco convergente) da 3 diottrie ciascuna. In totale fanno 6 diottrie. La lunghezza focale di tale sistema è di 16,7 cm.
Infatti la diottria è l’inverso della lunghezza focale: D = 1 / F ed F = 1 / D;
1 / 6 fa 0,166666 metri, pari a 16,7 centimetri. Se avessi utilizzato solo una lente da 3 diottrie, la lunghezza focale dell’obiettivo sarebbe stata di 33,3 cm. Avrei dovuto allontanare del doppio la lente dal piano di messa a fuoco e, poiché il diametro della stessa era sempre di 6 cm utili, avrei avuto meno luminosità ed una macchina più ingombrante.
Il formato della carta è di circa 13 x 14 cm.
La diagonale è quindi di 19 cm.
L’angolo di campo è di 60° [2 arctan (19/2) / 16,7 ].
Poiché la diagonale del formato 35 mm è di 4,3 cm, la mia macchina per calotipi ha una focale 35 mm equivalente pari ad un 38 mm.
Accipicchia, è un grandangolo!
Enrico
A causa dei due anelli (anteriore e posteriore) fissati all’interno del barilotto di cartone per bloccare le due lenti, il diametro effettivo si è ridotto a 60 mm
Ne consegue che, a tutta apertura (senza dischi di cartoncino) il valore è esattamente f/2,8 (6 cm / 16,7 cm)
Per ottenere un’apertura f/4 occorre un disco di cartoncino con un foro del diametro di 41,7 mm
Per un’f/5,6 occorre un foro di 30,0mm
Per un f/8 occorre un foro di 20,8 mm
Non conviene usare diaframmi più chiusi perché il tempo di esposizione diverrebbe eccessivo.
Correggo, non (6 cm / 16,7 cm) ma (16,7 cm / 6 cm).
Intanto, nell'attesa del prossimo calotipo, vi fornisco qualche informazione sull'obiettivo, il primo elemento che ho costruito ed in base al quale ho disegnato il resto della macchina:
L’obiettivo è formato da due lenti da occhiali (menisco convergente) da 3 diottrie ciascuna. In totale fanno 6 diottrie. La lunghezza focale di tale sistema è di 16,7 cm.
Infatti la diottria è l’inverso della lunghezza focale: D = 1 / F ed F = 1 / D;
1 / 6 fa 0,166666 metri, pari a 16,7 centimetri. Se avessi utilizzato solo una lente da 3 diottrie, la lunghezza focale dell’obiettivo sarebbe stata di 33,3 cm. Avrei dovuto allontanare del doppio la lente dal piano di messa a fuoco e, poiché il diametro della stessa era sempre di 6 cm utili, avrei avuto meno luminosità ed una macchina più ingombrante.
Il formato della carta è di circa 13 x 14 cm.
La diagonale è quindi di 19 cm.
L’angolo di campo è di 60° [2 arctan (19/2) / 16,7 ].
Poiché la diagonale del formato 35 mm è di 4,3 cm, la mia macchina per calotipi ha una focale 35 mm equivalente pari ad un 38 mm.
Accipicchia, è un grandangolo!
Enrico
A causa dei due anelli (anteriore e posteriore) fissati all’interno del barilotto di cartone per bloccare le due lenti, il diametro effettivo si è ridotto a 60 mm
Ne consegue che, a tutta apertura (senza dischi di cartoncino) il valore è esattamente f/2,8 (6 cm / 16,7 cm)
Per ottenere un’apertura f/4 occorre un disco di cartoncino con un foro del diametro di 41,7 mm
Per un’f/5,6 occorre un foro di 30,0mm
Per un f/8 occorre un foro di 20,8 mm
Non conviene usare diaframmi più chiusi perché il tempo di esposizione diverrebbe eccessivo.
Correggo, non (6 cm / 16,7 cm) ma (16,7 cm / 6 cm).
Cari amici,
già vi ho detto che il decimo calotipo è stato un fallimento: nessuna immagine dopo un lungo tempo di esposizione.
Questa mattina ho sensibilizzato un altro foglio di carta: lavaggio in acqua corrente per eliminarne la colla, stesa della soluzione di sale da cucina, quindi asciugatura con il phon. Stesa quindi della soluzione di nitrato d'argento e nuova asciugatura, questa volta tenendo il phon distante perché pensavo che le irregolarità potessero dipendere dalle gobbe della carta bagnata e dall'azione dell'aria calda che poteva soffiare via la seconda soluzione dai dossi. Ho inserito la carta nello chassì ed ho avviato l'esposizione. Intanto ho preparato della nuova carta e, poichè avevo lezione alle 10, ho proceduto in fretta, asciugando sommariamente la carta dopo la prima soluzione, e spennellando la seconda. Ho messo la carta dentro uno scatolone in cantina ed ho lasciato che si asciugasse da sé. Poi, di corsa a scuola.
Tornato a casa dopo quattro ore, ho aperto lo chassì e... seconda delusione . Niente di niente. La prima ipotesi che mi è venuta, considerato che in entrambi i casi i soggetti erano in ombra, è stata quella di un notevole "difetto di reciprocità", per cui era necessario, per ottenere buoni risultati, lavorare in pieno sole. Oltretutto, il cielo si è ricoperto di nuvole già nella tarda mattinata. Ho comunque ricaricato lo chassì con la carta che avevo preparato in mattinata e che nel frattempo si era asciugata ed ho ripreso la finestra dall'interno della camera da letto.
Nell'attesa, sono uscito sul terrazzino per portare alla luce l'undicesimo calotipo, così come avevo fatto ieri per il decimo, al fine di vedere se si anneriva (e quindi si trattava di un problema di esposizione) o non si anneriva (e forse c'era qualcosa che non andava nei bagni, ma cosa? ). Prima di portare all'aperto il 10° calotipo, ho voluto provare a risensibilizzarlo, spennellando del cloruro di sodio e, senza aspettare che asciugasse, del nitrato... tanto era solo una prova.
Il risultato era che la carta si era scurita in misura ridotta, nonostante le molte ore di esposizione alla luce del giorno, mentre dove avevo ripassato le soluzioni, si era formato un nero pieno. Che vuol dire?
Ecco il decimo calotipo:
L'esposizione alla luce dell'11° calotipo (che non avevo ritrattato col pennello) mi dava un altro risultato: scarso annerimento, tranne che in alcuni punti dove erano presenti delle macchie molto scure.
ed ecco l'undicesimo:
Credo di aver capito . La mia ipotesi è che la seconda soluzione agisce bene solo se la prima non è asciutta completamente. Immaginavo che il cloruro di sodio, che anche se asciutto si trova fra le fibre della carta, avrebbe reagito normalmente con il nitrato. Anche perché su diversi libri ho letto che Talbot lasciava asciugare la carta dopo ogni trattamento. Ma forse non bisogna fidarsi troppo di quello che si legge nei libri. La mia teoria potrebbe cogliere nel segno, visti i risultati ottenuti col 10° e con l'11° calotipo. Quelle macchie scure, potrebbero essere le zone dove la prima soluzione non si è asciugata completamente al momento del trattamento con la seconda. Nei primi calotipi in effetti, non aspettavo troppo prima di passare la seconda soluzione.
Domani provo con questa procedura:
lavo la carta in acqua corrente e la faccio sgocciolare. Poi passo la soluzione di nitrato d'argento (questa volta passo prima il nitrato perchè così non corro il rischio di inquinare questa soluzione che è certo molto più costosa del sale da cucina; ho preparato 120 ml di soluzione e di volta in volta ne verso in un bicchiere di plastica una quantità per 2 o tre calotipi).
Senza aspettare che asciugi troppo, passo la soluzione di sale da cucina.
Staremo a vedere
Intanto ho estratto il dodicesimo calotipo dalla macchina, dopo una esposizione di 2 ore e 35 minuti. E' un po' sottoesposta, ma si tratta di un interno...
L'immagine c'è, e ci sono anche le macchie di cui, forse, ho capito la ragione. Non mi piace la struttura di questa carta da disegno. L'ho presa perchè è spessa e rigida e le pieghe, una volta bagnata, sono ridotte, ma ha una grana troppo grossa.
Vado avanti con gli esperimenti, non demordo. Devo arrivare ad ottenere un calotipo perfettamente nitido, senza macchie e con una buona gamma tonale.
Un saluto
Enrico
Messaggio modificato da enrico il Dec 31 2010, 01:16 PM
già vi ho detto che il decimo calotipo è stato un fallimento: nessuna immagine dopo un lungo tempo di esposizione.
Questa mattina ho sensibilizzato un altro foglio di carta: lavaggio in acqua corrente per eliminarne la colla, stesa della soluzione di sale da cucina, quindi asciugatura con il phon. Stesa quindi della soluzione di nitrato d'argento e nuova asciugatura, questa volta tenendo il phon distante perché pensavo che le irregolarità potessero dipendere dalle gobbe della carta bagnata e dall'azione dell'aria calda che poteva soffiare via la seconda soluzione dai dossi. Ho inserito la carta nello chassì ed ho avviato l'esposizione. Intanto ho preparato della nuova carta e, poichè avevo lezione alle 10, ho proceduto in fretta, asciugando sommariamente la carta dopo la prima soluzione, e spennellando la seconda. Ho messo la carta dentro uno scatolone in cantina ed ho lasciato che si asciugasse da sé. Poi, di corsa a scuola.
Tornato a casa dopo quattro ore, ho aperto lo chassì e... seconda delusione . Niente di niente. La prima ipotesi che mi è venuta, considerato che in entrambi i casi i soggetti erano in ombra, è stata quella di un notevole "difetto di reciprocità", per cui era necessario, per ottenere buoni risultati, lavorare in pieno sole. Oltretutto, il cielo si è ricoperto di nuvole già nella tarda mattinata. Ho comunque ricaricato lo chassì con la carta che avevo preparato in mattinata e che nel frattempo si era asciugata ed ho ripreso la finestra dall'interno della camera da letto.
Nell'attesa, sono uscito sul terrazzino per portare alla luce l'undicesimo calotipo, così come avevo fatto ieri per il decimo, al fine di vedere se si anneriva (e quindi si trattava di un problema di esposizione) o non si anneriva (e forse c'era qualcosa che non andava nei bagni, ma cosa? ). Prima di portare all'aperto il 10° calotipo, ho voluto provare a risensibilizzarlo, spennellando del cloruro di sodio e, senza aspettare che asciugasse, del nitrato... tanto era solo una prova.
Il risultato era che la carta si era scurita in misura ridotta, nonostante le molte ore di esposizione alla luce del giorno, mentre dove avevo ripassato le soluzioni, si era formato un nero pieno. Che vuol dire?
Ecco il decimo calotipo:
L'esposizione alla luce dell'11° calotipo (che non avevo ritrattato col pennello) mi dava un altro risultato: scarso annerimento, tranne che in alcuni punti dove erano presenti delle macchie molto scure.
ed ecco l'undicesimo:
Credo di aver capito . La mia ipotesi è che la seconda soluzione agisce bene solo se la prima non è asciutta completamente. Immaginavo che il cloruro di sodio, che anche se asciutto si trova fra le fibre della carta, avrebbe reagito normalmente con il nitrato. Anche perché su diversi libri ho letto che Talbot lasciava asciugare la carta dopo ogni trattamento. Ma forse non bisogna fidarsi troppo di quello che si legge nei libri. La mia teoria potrebbe cogliere nel segno, visti i risultati ottenuti col 10° e con l'11° calotipo. Quelle macchie scure, potrebbero essere le zone dove la prima soluzione non si è asciugata completamente al momento del trattamento con la seconda. Nei primi calotipi in effetti, non aspettavo troppo prima di passare la seconda soluzione.
Domani provo con questa procedura:
lavo la carta in acqua corrente e la faccio sgocciolare. Poi passo la soluzione di nitrato d'argento (questa volta passo prima il nitrato perchè così non corro il rischio di inquinare questa soluzione che è certo molto più costosa del sale da cucina; ho preparato 120 ml di soluzione e di volta in volta ne verso in un bicchiere di plastica una quantità per 2 o tre calotipi).
Senza aspettare che asciugi troppo, passo la soluzione di sale da cucina.
Staremo a vedere
Intanto ho estratto il dodicesimo calotipo dalla macchina, dopo una esposizione di 2 ore e 35 minuti. E' un po' sottoesposta, ma si tratta di un interno...
L'immagine c'è, e ci sono anche le macchie di cui, forse, ho capito la ragione. Non mi piace la struttura di questa carta da disegno. L'ho presa perchè è spessa e rigida e le pieghe, una volta bagnata, sono ridotte, ma ha una grana troppo grossa.
Vado avanti con gli esperimenti, non demordo. Devo arrivare ad ottenere un calotipo perfettamente nitido, senza macchie e con una buona gamma tonale.
Un saluto
Enrico
Messaggio modificato da enrico il Dec 31 2010, 01:16 PM
[size=7] Che impegno, che pazienza, ma soprattutto che passione!!
Vado avanti con gli esperimenti, non demordo. Devo arrivare ad ottenere un calotipo perfettamente nitido, senza macchie e con una buona gamma tonale.
Ce la farai, ne sono certo!
Ti seguo ogni giorno, stamattina ho dato l'esame di chimica, è bello vedere che "tutto torna"
Sei il migliore
Grazie Stefano, grazie Perrins.
Enrico
Enrico
Come promesso, vi metto a disposizione il progetto della macchina per calotipi, un po' risistemato perchè i disegni li avevo fatti per la costruzione, quindi a mio uso e non prevedevo di distribuirli. Sono in dimensioni reali (scala 1 : 1). Ora mi sto dedicando a risolvere i problemi di ordine chimico; per la costruzione della macchina, mi sono divertito a risolvere quelli di tipo ottico. Ho annerito l'interno con inchiostro di china, perchè è risultato più opaco della vernice.
File allegati
Grazie Enrico per condividere con noi questo tuo lavoro che progredisce in modo veramente strabiliante ,ottenendo dei risultati accellenti e grazie anche per il pdf( letto,salvato e stampato) .
Buon lavoro...GENIO ( in modo amichevole )
Maurizio
Buon lavoro...GENIO ( in modo amichevole )
Maurizio
Enrico, come ti ho già scritto in privato, questo tuo esperimento mi affascina tantissimo, e ti ringrazio infinitamente per la tua passione e per condividere questa avventura con noi.
Mi dispiace non avere le conoscenze di chimica (o di qualsiasi altra cosa) che sarebbero necessarie per poter portare un contributo attivo. Ma non dubito che te la caverai perfettamente SENZA il mio aiuto...
Un viaggio davvero affascinante.
E un commento da perfetto ignorante... Non sarà che la colla che tu cerchi così coscienziosamente di eliminare sia invece proprio ciò che "assorbe" e fissa la soluzione nella carta?
Per fortuna non ho paura a sparare cavolate immani... Trovo che sia un ottimo sistema per imparare. Alla peggio, mi si corregge, e io imparo.
Davide
Messaggio modificato da twinsouls il Feb 7 2007, 12:35 AM
Mi dispiace non avere le conoscenze di chimica (o di qualsiasi altra cosa) che sarebbero necessarie per poter portare un contributo attivo. Ma non dubito che te la caverai perfettamente SENZA il mio aiuto...
Un viaggio davvero affascinante.
E un commento da perfetto ignorante... Non sarà che la colla che tu cerchi così coscienziosamente di eliminare sia invece proprio ciò che "assorbe" e fissa la soluzione nella carta?
Per fortuna non ho paura a sparare cavolate immani... Trovo che sia un ottimo sistema per imparare. Alla peggio, mi si corregge, e io imparo.
Davide
Messaggio modificato da twinsouls il Feb 7 2007, 12:35 AM
Rimango a bocca aperta di fronte a tutto questo.
Enrico carissimo, ...passione, ...cultura, ...manualità, ...Un racconto appassionante ed un thread prezioso.
...Da mettere in evidenza.
Enrico carissimo, ...passione, ...cultura, ...manualità, ...Un racconto appassionante ed un thread prezioso.
...Da mettere in evidenza.
Ciao Maurizio, ciao Ludofox e grazie per la vostra presenza in questo tread.
E un commento da perfetto ignorante... Non sarà che la colla che tu cerchi così coscienziosamente di eliminare sia invece proprio ciò che "assorbe" e fissa la soluzione nella carta?
Ciao Davide,
mai nessuna ipotesi è da scartare. Cerco di eliminare la colla perchè "dovrebbe" ostacolare in qualche misura l'assorbimento delle soluzioni, ma tutto può essere
Comunque oggi cercherò di verificare la mia ipotesi. Quelle macchie dell'11° calotipo troverebbero spiegazione con la presenza del primo bagno non ancora asciutto. La loro forma si adatta alle "fossette" ed alle pieghe che assume la carta una volta bagnata, e questo mi fa propendere per l'ipotesi che ho formulato. Ma la risposta ce la daranno le prove che mi accingo a fare. Se quello che penso è giusto, dovrei guadagnare anche un po' in sensibilità. Se fai caso al 12° calotipo, dove l'immagine è presente, sulla destra c'è una macchia molto intensa. Dovrebbe essere la densità di tutta l'immagine (le parti più scure) se faccio venire a contatto le due soluzioni quando sono ancora umide.
Vi saprò dire.
Buona giornata
Enrico
Mi viene da fare una riflessione:
se fosse andato tutto liscio, primo,secondo, decimo calotipo tutti perfetti, non sarebbe stato un po' noioso?
E un commento da perfetto ignorante... Non sarà che la colla che tu cerchi così coscienziosamente di eliminare sia invece proprio ciò che "assorbe" e fissa la soluzione nella carta?
Ciao Davide,
mai nessuna ipotesi è da scartare. Cerco di eliminare la colla perchè "dovrebbe" ostacolare in qualche misura l'assorbimento delle soluzioni, ma tutto può essere
Comunque oggi cercherò di verificare la mia ipotesi. Quelle macchie dell'11° calotipo troverebbero spiegazione con la presenza del primo bagno non ancora asciutto. La loro forma si adatta alle "fossette" ed alle pieghe che assume la carta una volta bagnata, e questo mi fa propendere per l'ipotesi che ho formulato. Ma la risposta ce la daranno le prove che mi accingo a fare. Se quello che penso è giusto, dovrei guadagnare anche un po' in sensibilità. Se fai caso al 12° calotipo, dove l'immagine è presente, sulla destra c'è una macchia molto intensa. Dovrebbe essere la densità di tutta l'immagine (le parti più scure) se faccio venire a contatto le due soluzioni quando sono ancora umide.
Vi saprò dire.
Buona giornata
Enrico
Mi viene da fare una riflessione:
se fosse andato tutto liscio, primo,secondo, decimo calotipo tutti perfetti, non sarebbe stato un po' noioso?
Enrico, anche io ti seguo silenzioso ed ammirato. E mi viene spontanea una considerazione: sono anche i thread come questo che danno un vero valore culturale aggiunto al nostro Forum.
Messaggio modificato da toad il Feb 7 2007, 10:00 AM
Messaggio modificato da toad il Feb 7 2007, 10:00 AM