Saluti a tutti
qualche settimana fa ho acquistato un bellissimo libro fotografico "ULTIMA AFRICA" di Gianni Giansanti.
Il libro è corredato di un DVD in cui il fotografo racconta il suo reportage.
Oggi navigando in internet ho trovato queste sue parole dedicate al rigore giornalistico nel reportage...le riporto sperando di fare a voi cosa gradita
il brano è tratto dal sito TOSCANA FOTOFESTIVAL
marco
mmfr
"Il rigore giornalistico nel reportage" - La spettacolarizzazione delle immagini, degli avvenimenti, dei racconti, è, purtroppo, un fenomeno al quale non riusciamo a sottrarci – e a dire il vero sembra che neanche ci interessi troppo farlo. Complici i media, essa trova terreno fertile nei campi della moda, della politica, dello sport. Questo comporta, a mio avviso, una perdita del senso puramente giornalistico dell’informazione. Nel mio campo, ad esempio, che è quello del fotoreportage, a tutto tondo, non capita di rado di vedere fotografie sfocate, storte, sovraesposte o eccessivamente sottoesposte che purtroppo vengono pubblicate con il solo scopo di creare nuove tendenze nel campo del fotogiornalismo: in molti casi io questo lo giudico un fenomeno di spettacolarizzazione della fotografia – perlomeno quando questa è creata per essere reportage, che con il racconto ha molto a che fare. Se l’intento è quello giornalistico, che per me vuol dire andare a vedere e testimoniare quello che altre persone vedranno attraverso il mio obbiettivo e le mie fotografie, io ho il dovere di mostrare lucidamente e chiaramente l’avvenimento. E’ quella che si chiama informazione. L’interpretazione dell’informazione è una cosa che viene poi. Quello che vorrei sottolineare è che esiste una differenza tra fotografia come arte e fotografia come testimonianza, tra interpretazione della realtà (vera o costruita) e racconto della realtà. Che poi non vuol dire che una cosa sia più giusta, o più etica, o più importante dell’altra. Ma mischiare le due cose, confonderle, diventa pericoloso. Quella del reportage è una fotografia che deve raccontare, e dunque ha il compito di essere chiara e comprensibile per tutti.
qualche settimana fa ho acquistato un bellissimo libro fotografico "ULTIMA AFRICA" di Gianni Giansanti.
Il libro è corredato di un DVD in cui il fotografo racconta il suo reportage.
Oggi navigando in internet ho trovato queste sue parole dedicate al rigore giornalistico nel reportage...le riporto sperando di fare a voi cosa gradita
il brano è tratto dal sito TOSCANA FOTOFESTIVAL
marco
mmfr
"Il rigore giornalistico nel reportage" - La spettacolarizzazione delle immagini, degli avvenimenti, dei racconti, è, purtroppo, un fenomeno al quale non riusciamo a sottrarci – e a dire il vero sembra che neanche ci interessi troppo farlo. Complici i media, essa trova terreno fertile nei campi della moda, della politica, dello sport. Questo comporta, a mio avviso, una perdita del senso puramente giornalistico dell’informazione. Nel mio campo, ad esempio, che è quello del fotoreportage, a tutto tondo, non capita di rado di vedere fotografie sfocate, storte, sovraesposte o eccessivamente sottoesposte che purtroppo vengono pubblicate con il solo scopo di creare nuove tendenze nel campo del fotogiornalismo: in molti casi io questo lo giudico un fenomeno di spettacolarizzazione della fotografia – perlomeno quando questa è creata per essere reportage, che con il racconto ha molto a che fare. Se l’intento è quello giornalistico, che per me vuol dire andare a vedere e testimoniare quello che altre persone vedranno attraverso il mio obbiettivo e le mie fotografie, io ho il dovere di mostrare lucidamente e chiaramente l’avvenimento. E’ quella che si chiama informazione. L’interpretazione dell’informazione è una cosa che viene poi. Quello che vorrei sottolineare è che esiste una differenza tra fotografia come arte e fotografia come testimonianza, tra interpretazione della realtà (vera o costruita) e racconto della realtà. Che poi non vuol dire che una cosa sia più giusta, o più etica, o più importante dell’altra. Ma mischiare le due cose, confonderle, diventa pericoloso. Quella del reportage è una fotografia che deve raccontare, e dunque ha il compito di essere chiara e comprensibile per tutti.
QUOTE(mmfr @ Aug 3 2005, 10:41 AM)
Saluti a tutti
qualche settimana fa ho acquistato un bellissimo libro fotografico "ULTIMA AFRICA" di Gianni Giansanti.
Il libro è corredato di un DVD in cui il fotografo racconta il suo reportage.
Oggi navigando in internet ho trovato queste sue parole dedicate al rigore giornalistico nel reportage...le riporto sperando di fare a voi cosa gradita
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......................................Se l’intento è quello giornalistico, che per me vuol dire andare a vedere e testimoniare quello che altre persone vedranno attraverso il mio obbiettivo e le mie fotografie, io ho il dovere di mostrare lucidamente e chiaramente l’avvenimento. E’ quella che si chiama informazione. L’interpretazione dell’informazione è una cosa che viene poi. Quello che vorrei sottolineare è che esiste una differenza tra fotografia come arte e fotografia come testimonianza, tra interpretazione della realtà (vera o costruita) e racconto della realtà. Che poi non vuol dire che una cosa sia più giusta, o più etica, o più importante dell’altra. Ma mischiare le due cose, confonderle, diventa pericoloso. Quella del reportage è una fotografia che deve raccontare, e dunque ha il compito di essere chiara e comprensibile per tutti.
qualche settimana fa ho acquistato un bellissimo libro fotografico "ULTIMA AFRICA" di Gianni Giansanti.
Il libro è corredato di un DVD in cui il fotografo racconta il suo reportage.
Oggi navigando in internet ho trovato queste sue parole dedicate al rigore giornalistico nel reportage...le riporto sperando di fare a voi cosa gradita
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......................................Se l’intento è quello giornalistico, che per me vuol dire andare a vedere e testimoniare quello che altre persone vedranno attraverso il mio obbiettivo e le mie fotografie, io ho il dovere di mostrare lucidamente e chiaramente l’avvenimento. E’ quella che si chiama informazione. L’interpretazione dell’informazione è una cosa che viene poi. Quello che vorrei sottolineare è che esiste una differenza tra fotografia come arte e fotografia come testimonianza, tra interpretazione della realtà (vera o costruita) e racconto della realtà. Che poi non vuol dire che una cosa sia più giusta, o più etica, o più importante dell’altra. Ma mischiare le due cose, confonderle, diventa pericoloso. Quella del reportage è una fotografia che deve raccontare, e dunque ha il compito di essere chiara e comprensibile per tutti.
Marco, ti ringrazio veramente per questa messe di informazioni che ci proponi sempre.
Il problema è più che mai sul tappeto. Personalmente sono in sintonia col pernsiero di Gianni Giansanti, la mescolanza dell'interpretazione fotografica con la cruda realtà di ciò che si vede la reputo anch'io pericolosa e fuorviante. La tendenza a "metterci del tuo" non è cosa di oggi, come si ampiamente dibattuto e dimostrato anche su queste stesse pagine, certo è che il fenomeno si è allargato a dismisura complici anche il proliferare di mezzi di informazione sempre più in quantità anche se non in qualità.
Una questione comunque su cui sarebbe bella una riflessione da parte di chiunque voglia dire la sua.
Messaggio modificato da __Claudio__ il Aug 3 2005, 10:31 AM
Ho visto il libro di Giansanti e probabilmente lo acquisterò, non ho visto il DVD.
Per me, che dire:
Per il pensiero esposto, non posso che essere d'accordo.
Un caro saluto
Toad
Per me, che dire:
Per il pensiero esposto, non posso che essere d'accordo.
Un caro saluto
Toad
Non ho visto il libro di Giansanti, comunque sono d'accordissimo con cio che egli dice!!!
E' la realtà quotidiama
E' la realtà quotidiama
Mi dispiace che questa discussione langua un po', ma forse disegna alla grande il ritratto di questo forum...si parla poco di Fotografia.
Io, rispetto alle parole riferite, mi sento di essere in disaccordo nel senso che in nessuna foto non si può escludere l'interopretazione personale del fotografo:
E' proprio in quegli aggettivi possessivi che si nasconde la chiave di quello che sto dicendo: attraverso il "mio" obiettivo e le "mie" fotografie...già la scelta, per esempio, dell'ottica da usare e del punto di ripresa inevitabilmente significa interpretare la realtà...
Vi vorrei porre una domanda: di fronte ad un evento da raccontare si vedranno mai 2 o più foto identiche scattate da fotografi diversi? Secondo me no, anche volendo essere il più rigorosi possibile nel documentare la relatà, ne uscirebbe, nelle diverse fotografie, comunque una realtà altra da quella che è effettivamente, una sorta di relatà "mediata" dallo sgaurdo interpretativo del fotografo.
Sono d'accordo sul fatto che esistono differenze espressive, di modi e mezzi, tra i vari tipi di fotografia (fotografia arte/fotografia documento) legati ai vari "campi" d'azione della fotografia stessa. Ma mi sento di non poter essere d'accordo sul fatto che la fotografia è rappresentazione della realtà così come è;penso piuttosto che al massimo del rigore che si vuol dare alla documentazione è la realtà vista dal fotografo e quindi inevitabilmnente la sua interpretazione.
Il "calcare la mano" da parte del fotografo nella documentazione della reltà lo trovo anche io abbastanza fuorviante e non in linea con gli intenti di documentazione del fotografo stesso. Anche io non amo molto l'abuso della tecnica fotografica nel fotoreportage, tecnica che a volte va addirittura a scapito del contenuto stesso della foto. A me personalmente è capitato parecchie volte guardando una foto di pensare più a come è stata fatta che a che cosa mi vuole dire e raccontare: è in questi casi in cui il soggetto e il contenuto vanno a farsi benedire perchè è tale il peso e la presenza dei mezzi tecnici nella foto che sono questi ultimi ad occupare il mio interesse e non il contenuto della foto stessa.
Saluti e Buone Foto
G.
Io, rispetto alle parole riferite, mi sento di essere in disaccordo nel senso che in nessuna foto non si può escludere l'interopretazione personale del fotografo:
QUOTE
Se l’intento è quello giornalistico, che per me vuol dire andare a vedere e testimoniare quello che altre persone vedranno attraverso il mio obbiettivo e le mie fotografie, io ho il dovere di mostrare lucidamente e chiaramente l’avvenimento
E' proprio in quegli aggettivi possessivi che si nasconde la chiave di quello che sto dicendo: attraverso il "mio" obiettivo e le "mie" fotografie...già la scelta, per esempio, dell'ottica da usare e del punto di ripresa inevitabilmente significa interpretare la realtà...
Vi vorrei porre una domanda: di fronte ad un evento da raccontare si vedranno mai 2 o più foto identiche scattate da fotografi diversi? Secondo me no, anche volendo essere il più rigorosi possibile nel documentare la relatà, ne uscirebbe, nelle diverse fotografie, comunque una realtà altra da quella che è effettivamente, una sorta di relatà "mediata" dallo sgaurdo interpretativo del fotografo.
QUOTE
Quello che vorrei sottolineare è che esiste una differenza tra fotografia come arte e fotografia come testimonianza, tra interpretazione della realtà (vera o costruita) e racconto della realtà
Sono d'accordo sul fatto che esistono differenze espressive, di modi e mezzi, tra i vari tipi di fotografia (fotografia arte/fotografia documento) legati ai vari "campi" d'azione della fotografia stessa. Ma mi sento di non poter essere d'accordo sul fatto che la fotografia è rappresentazione della realtà così come è;penso piuttosto che al massimo del rigore che si vuol dare alla documentazione è la realtà vista dal fotografo e quindi inevitabilmnente la sua interpretazione.
QUOTE
Nel mio campo, ad esempio, che è quello del fotoreportage, a tutto tondo, non capita di rado di vedere fotografie sfocate, storte, sovraesposte o eccessivamente sottoesposte che purtroppo vengono pubblicate con il solo scopo di creare nuove tendenze nel campo del fotogiornalismo: in molti casi io questo lo giudico un fenomeno di spettacolarizzazione della fotografia – perlomeno quando questa è creata per essere reportage, che con il racconto ha molto a che fare
Il "calcare la mano" da parte del fotografo nella documentazione della reltà lo trovo anche io abbastanza fuorviante e non in linea con gli intenti di documentazione del fotografo stesso. Anche io non amo molto l'abuso della tecnica fotografica nel fotoreportage, tecnica che a volte va addirittura a scapito del contenuto stesso della foto. A me personalmente è capitato parecchie volte guardando una foto di pensare più a come è stata fatta che a che cosa mi vuole dire e raccontare: è in questi casi in cui il soggetto e il contenuto vanno a farsi benedire perchè è tale il peso e la presenza dei mezzi tecnici nella foto che sono questi ultimi ad occupare il mio interesse e non il contenuto della foto stessa.
Saluti e Buone Foto
G.
Mah, Giuseppe sul fatto che la discussione stia languendo, ti ricordo che siamo al 3 di Agosto ed in questo momento quasi alle 14. Non so cosa tu stia facendo, ma non credo siano in molti quelli, come me, che non sono in vacanza e che possono utilizzare Internet dall'ufficio... ( questo è il motivo per cui non sono "visibile").
E' ovvio che la realtà è comunque, sempre, interpretata dal soggetto che la recepisce. Il "mio" obiettivo, le "mie" fotografie. Ma è logico, guai se non fosse così. E questo vale per i fotografi, per i giornalisti cartacei e verbali, per tutti coloro che devono trasmettere una documentazione.
Il punto è la coerenza e serietà mentale nel porre ciò al pubblico. Posto che credo, non lo conosco affatto, che Giansanti sia stato onesto nell'esprimere il suo concetto, va da sè che sul momento, inevitabilmente, la realtà che percepisci viene filtrata attraverso la tua sensibilità, la tua tecnica in questo caso, insomma il tuo cervello. Sta a chi lo sta usando non distorcere quanto istintivamente, che è la prima cosa che devi sentire, è stato fatto tuo.
Un caro saluto
Toad
E' ovvio che la realtà è comunque, sempre, interpretata dal soggetto che la recepisce. Il "mio" obiettivo, le "mie" fotografie. Ma è logico, guai se non fosse così. E questo vale per i fotografi, per i giornalisti cartacei e verbali, per tutti coloro che devono trasmettere una documentazione.
Il punto è la coerenza e serietà mentale nel porre ciò al pubblico. Posto che credo, non lo conosco affatto, che Giansanti sia stato onesto nell'esprimere il suo concetto, va da sè che sul momento, inevitabilmente, la realtà che percepisci viene filtrata attraverso la tua sensibilità, la tua tecnica in questo caso, insomma il tuo cervello. Sta a chi lo sta usando non distorcere quanto istintivamente, che è la prima cosa che devi sentire, è stato fatto tuo.
Un caro saluto
Toad
QUOTE
Giuseppe sul fatto che la discussione stia languendo, ti ricordo che siamo al 3 di Agosto ed in questo momento quasi alle 14
Ciao Toad,
per inguenità ti voglio dare ragione ma per "malizia" prova ad aprire un 3d per sapere se è meglio il 50 1.8 o 1.4 e guarda se ha lo stesso andamento di questo....
QUOTE
Il punto è la coerenza e serietà mentale nel porre ciò al pubblico. Posto che credo, non lo conosco affatto, che Giansanti sia stato onesto nell'esprimere il suo concetto, va da sè che sul momento, inevitabilmente, la realtà che percepisci viene filtrata attraverso la tua sensibilità, la tua tecnica in questo caso, insomma il tuo cervello. Sta a chi lo sta usando non distorcere quanto istintivamente, che è la prima cosa che devi sentire, è stato fatto tuo.
Giansanti ho avuto modo di conoscerlo ed apprezzarlo per il suo lavoro sulla vita del Papa e devo dire che mi è piaciuto e ci ho ritrovato quelle linee guida che ha proposto nelle parole quotate da Marco.
Il mio disaccordo non era una critica sull fotografo e sul suo uso/abuso dei mezzi espressivi nè tantomeno della sua libertà di manipolare o meno la reltà nè addirittura di negare la possibilità da parte del fruitore della foto di convalidare o confutare il valore della foto stessa su cui penso tutti quanti noi siamo sulla stessa linea, quanto piuttosto un discorso sui limiti "necessari" e inevitabili che la Fotografia come "mezzo" si porta dietro: da un lato una possibilità espressiva illimitata soggetta solo alle capacità del fotografo, dall'altro la sua capacità narrativa strettamente limita e soggetta alla visione di chi la scatta.
Può documentare in migliaia di modi diversi un soggetto, ma ne può raccontare uno solo per volta e con un unico e solo punto di vista. Non ha possibilità di discorso diretto nè di cambio di visuale: vediamo ciò che il fotografo, che è onniscente ci fa vedere. Ma forse sto andano un po' troppo fuori da quello che erano le intenzioni di Marco, quando ha voluto aprire la discussione.
Rimane comunque il fatto, secondo me, che è piacevole ogni tanto poter usare questo spazio in maniera un po' diversa dalle solite discussione pseudo-tecniche...ma questo è solo un mio personale punto di vista che spero venga al più presto confutato!
Saluti e Buone Foto
G.
Aggiungo solo un piccolo chiarimento: spero che il mio discorso non venga preso come una critica cieca e sterile alla fatografia: lungi da me il voler dare questa impressione; era solo una sguardo, spero il più lucido possibile, su un aspetto di solito "trascurato" della fotografia che per fortuna non si limita solo ad essere un gesto tecnico (con tutti i barbosissimi, IMHO, discorsi a ciò legati) ma rimane sempre come uno dei più alti prodotti dell'animo dell'uomo e della sua sensibilità.
Ringrazio tutti voi
Saluti e Buone Foto
G.
Ringrazio tutti voi
Saluti e Buone Foto
G.
QUOTE
Ciao Toad,
per inguenità ti voglio dare ragione ma per "malizia" prova ad aprire un 3d per sapere se è meglio il 50 1.8 o 1.4 e guarda se ha lo stesso andamento di questo....
per inguenità ti voglio dare ragione ma per "malizia" prova ad aprire un 3d per sapere se è meglio il 50 1.8 o 1.4 e guarda se ha lo stesso andamento di questo....
touché...!!
QUOTE
Può documentare in migliaia di modi diversi un soggetto, ma ne può raccontare uno solo per volta e con un unico e solo punto di vista.
a meno che non abbia la possibilità, nel tempo e nelle circostanze, di realizzare più immagini, cogliendo diversi aspetti, alcuni "artistici" ed alcuni "reali".
QUOTE
Non ha possibilità di discorso diretto nè di cambio di visuale: vediamo ciò che il fotografo, che è onniscente ci fa vedere
Qui torna in gioco la serietà e la coerenza della persona. Il fotografo non è onnisciente: è un uomo come gli altri con la sua sensibilità.
QUOTE
...ma questo è solo un mio personale punto di vista che spero venga al più presto confutato!
E perché mai vorresti essere confutato? Non certo da parte mia, stanne certo!
Un caro saluto
Toad
P.S: passa in Sushi..sul tuo thread
QUOTE(mmfr @ Aug 3 2005, 09:41 AM)
Quella del reportage è una fotografia che deve raccontare, e dunque ha il compito di essere chiara e comprensibile per tutti.
saluti a tutti
considero la fotografia un vero e proprio linguaggio.
Un linguaggio per essere compreso deve rispettare delle regole , esattamente come succede per le regole grammaticali nella scrittura.
Un reportage giornalistico dovrebbe comunicare un punto di vista o una realtà , ma il messaggio deve essere leggibile e comprensibile per tutti coloro che conoscono un certo linguaggio, la cui conoscenza nasce all'interno della propria civiltà.
Per questo sono assolutamente d'accordo con Gianni Giansanti e credo che un fotografo debba essere in grado prima di tutto di comunicare correttamente un qualsiasi messaggio attraverso delle immagini , e solo successivamente decidendo di dare un taglio NON giornalistico al proprio lavoro cercare altre,nuove tendenze.
marco
mmfr
QUOTE(Giuseppe78 @ Aug 3 2005, 02:16 PM)
[
Ciao Toad,
per inguenità ti voglio dare ragione ma per "malizia" prova ad aprire un 3d per sapere se è meglio il 50 1.8 o 1.4 e guarda se ha lo stesso andamento di questo....
Ciao Toad,
per inguenità ti voglio dare ragione ma per "malizia" prova ad aprire un 3d per sapere se è meglio il 50 1.8 o 1.4 e guarda se ha lo stesso andamento di questo....
Caro Giuseppe, purtroppo in brevissimo tempo devo darti ragione. Guarda cosa è successo qui in circa un'ora.
Io ci ho messo del mio, ma forse non è stato capito...
Un caro saluto
Toad
QUOTE
Caro Giuseppe, purtroppo in brevissimo tempo devo darti ragione. Guarda cosa è successo qui in circa un'ora
Ciao Toad,
questo è un forum e come tale libero di ospitare tutte i 3d che rientrano nel suo animo e nel suo ordinamento. Non voglio passare per un guastafeste, nè per un brontolone: quello che vorrei sottolineare è che spesso sento la mancanza in questi spazi di discussioni un po' più "astratte" (diciamo così) e di diverso tipo da quelle che di solito di fanno...tutto qua!
Non nascondo come ho detto in qualche mio intervento fa il piacere che ho provato nel potermi confontare in una discussione di questo tipo e su questi argomenti. Ma per questo vanno ringraziati anche gli NPU e alcuni attori di questo forum che sono fonte inesauribile di spunti e riflessioni.
Saluti e Buone Foto
G.
QUOTE(Giuseppe78 @ Aug 3 2005, 04:23 PM)
............ quello che vorrei sottolineare è che spesso sento la mancanza in questi spazi di discussioni un po' più "astratte" (diciamo così) e di diverso tipo da quelle che di solito di fanno...
La soluzione al problema c'è Giuseppe ed è quella di proporle
E infatti mi pare che Giuseppe le proponga.
Sai qual'è il problema, Claudio, secondo me, è molto facile disquisire sulla bontà di questo o quell'obbiettivo, sulla superiorità di Nikon rispetto a... (va bè, c'è ne solo una, purtroppo). Più difficile ed impegnativo trattare e parlare di fotografia in senso lato. Richiede un impegno ed una riflessione maggiore, e la pigrizia (non l'ignoranza) mentale a volte la fa a padrona.
Questo vale, naturalmente, anche per me.
Buenas noche a todos
Toad
Sai qual'è il problema, Claudio, secondo me, è molto facile disquisire sulla bontà di questo o quell'obbiettivo, sulla superiorità di Nikon rispetto a... (va bè, c'è ne solo una, purtroppo). Più difficile ed impegnativo trattare e parlare di fotografia in senso lato. Richiede un impegno ed una riflessione maggiore, e la pigrizia (non l'ignoranza) mentale a volte la fa a padrona.
Questo vale, naturalmente, anche per me.
Buenas noche a todos
Toad
QUOTE
La soluzione al problema c'è Giuseppe ed è quella di proporle
Infatti Clà, la mia era anche una autocritica...
Non nascondo che a volte ci ho pensato di aprire dei post ma il più delle volte le discussioni cadono nel dimenticatoio e muoiono dopo appena pochissimi interventi. Poche, che mi ricordi, sono state quelle che hanno avuto migliori fortune, ma forse, e in questo caso ha ragione TOAD, il perchè è dovuto ad una maggiore presenza di utenti sul forum (Agosto, le ferie ecc...ecc...) o magari più semplicemente perchè erano più "interessanti" di questa!
A volte mi prende la depressione quando sfoglio le pagine del forum...boh! magari è solo il caldo che mi fa aumentare questa sensazione...
Saluti e Buone Foto
G.
Mi vengono in mente alcune considerazioni su quanto scritto da Marco
Su questo punto posso concordare per grandi linee anche se chiuderei le affermazioni qui fatte solo nell'ambito del reportage giornalistico con le dovute eccezioni.
Cerco di interpretare questa frase confermando che all'interno della civiltà di provenienza del reporter è forse più semplice, proprio per le basi su cui poggia, far arrivare a tutti il messaggio proposto. Mi sento però anche di dire che all'interno della stessa civiltà vi sono opinioni e modi di vedere la stessa questione sul tappeto, in modo difforme a secondo del "pregiudizio" di ognuno e, con pregiudizio, intendo; nazione, città, famiglia, scuola e persino amicizie che ognuno ha diverse e che, sicuramente, hanno condizionato, anche se inconsapevolmente, il modo di "vedere" e "giudicare" un avvenimento.
Sono d'accordo anch'io con Giansanti che il fine ultimo dovrebbe essere quello di comunicare "correttamente" il messaggio attraverso le immagini. Ma chi riceve il messaggio può esser certo che chi comunica lo faccia correttamente? Credo che nella peggiore delle ipotesi il fruitore finale delle immagini stesse, se non allineato al pensiero del reporter, possa pensare che il suddetto abbia ripreso solo quello che gli era utile per il "suo" fine e sarebbe arduo convincerlo del contrario. Nella migliore delle ipotesi, quella cioè di convergenza, lo stesso fruitore potrebbe pensare, credo sia possibile e anche in parte vero, che quella che sta guardando sia solo una "parte" della verità, quella cioè di cui il reporter è stato diretto testimone, non della Verità che, già di per se stessa opinabile, è anche oltremodo difficile mostrare nella sua intierezza.
Questo fermo restando tutti i limiti che la visione personale e il nostro retaggio ci consente.
QUOTE
considero la fotografia un vero e proprio linguaggio.
Un linguaggio per essere compreso deve rispettare delle regole , esattamente come succede per le regole grammaticali nella scrittura.
Un linguaggio per essere compreso deve rispettare delle regole , esattamente come succede per le regole grammaticali nella scrittura.
Su questo punto posso concordare per grandi linee anche se chiuderei le affermazioni qui fatte solo nell'ambito del reportage giornalistico con le dovute eccezioni.
QUOTE
Un reportage giornalistico dovrebbe comunicare un punto di vista o una realtà , ma il messaggio deve essere leggibile e comprensibile per tutti coloro che conoscono un certo linguaggio, la cui conoscenza nasce all'interno della propria civiltà.
Cerco di interpretare questa frase confermando che all'interno della civiltà di provenienza del reporter è forse più semplice, proprio per le basi su cui poggia, far arrivare a tutti il messaggio proposto. Mi sento però anche di dire che all'interno della stessa civiltà vi sono opinioni e modi di vedere la stessa questione sul tappeto, in modo difforme a secondo del "pregiudizio" di ognuno e, con pregiudizio, intendo; nazione, città, famiglia, scuola e persino amicizie che ognuno ha diverse e che, sicuramente, hanno condizionato, anche se inconsapevolmente, il modo di "vedere" e "giudicare" un avvenimento.
QUOTE
Per questo sono assolutamente d'accordo con Gianni Giansanti e credo che un fotografo debba essere in grado prima di tutto di comunicare correttamente un qualsiasi messaggio attraverso delle immagini ,
Sono d'accordo anch'io con Giansanti che il fine ultimo dovrebbe essere quello di comunicare "correttamente" il messaggio attraverso le immagini. Ma chi riceve il messaggio può esser certo che chi comunica lo faccia correttamente? Credo che nella peggiore delle ipotesi il fruitore finale delle immagini stesse, se non allineato al pensiero del reporter, possa pensare che il suddetto abbia ripreso solo quello che gli era utile per il "suo" fine e sarebbe arduo convincerlo del contrario. Nella migliore delle ipotesi, quella cioè di convergenza, lo stesso fruitore potrebbe pensare, credo sia possibile e anche in parte vero, che quella che sta guardando sia solo una "parte" della verità, quella cioè di cui il reporter è stato diretto testimone, non della Verità che, già di per se stessa opinabile, è anche oltremodo difficile mostrare nella sua intierezza.
Questo fermo restando tutti i limiti che la visione personale e il nostro retaggio ci consente.
Claudio, più o meno siamo sulla stessa linea d'onda.
Ritengo quando si parla di fotografia non poter essere in grado di dare regole e strutture precise (al di là ovviamente di quelle a livello tecnico che non possono essere confutate). Tutto il resto è frutto e figlio dell'uomo, di quell'uomo che in quel momento preciso ha visto un'immagine attraverso l'obiettivo e ha scelto sua sponte di immortalarlo. Come tale il mondo che esce da una foto è un mondo "altro" che si avvicina ma non è la realtà e che non può assurgere al livello assoluto di Verità.
Le regole del linguaggio fotografico esistono ed esistono anche e soprattutto per essere infrante. Quelle del fotogiornalismo sono di sicuro più rigorose perchè devono soddisfare alcuni punti fondamentali su cui si basa un racconto fotografico e forse il non seguirle potrebbe comportare lacune all'interno del racconto fotografico.
Ma le regole sono, secondo me, soprattutto schemi formali all'interno dei quali la sensibilità e il gusto e lo stile del fotografo devono sentirsi liberi di esprimersi.
Un po' come un poeta che, pur rispettando il rigore imposto dalle rime e dalla metrica, crea e racconta di volta in volta mondi diversi....Ma poi chi l'ha detto che non c'è poesia anche senza metrica e rime????
Saluti e Buone Foto
G.
Ritengo quando si parla di fotografia non poter essere in grado di dare regole e strutture precise (al di là ovviamente di quelle a livello tecnico che non possono essere confutate). Tutto il resto è frutto e figlio dell'uomo, di quell'uomo che in quel momento preciso ha visto un'immagine attraverso l'obiettivo e ha scelto sua sponte di immortalarlo. Come tale il mondo che esce da una foto è un mondo "altro" che si avvicina ma non è la realtà e che non può assurgere al livello assoluto di Verità.
Le regole del linguaggio fotografico esistono ed esistono anche e soprattutto per essere infrante. Quelle del fotogiornalismo sono di sicuro più rigorose perchè devono soddisfare alcuni punti fondamentali su cui si basa un racconto fotografico e forse il non seguirle potrebbe comportare lacune all'interno del racconto fotografico.
Ma le regole sono, secondo me, soprattutto schemi formali all'interno dei quali la sensibilità e il gusto e lo stile del fotografo devono sentirsi liberi di esprimersi.
Un po' come un poeta che, pur rispettando il rigore imposto dalle rime e dalla metrica, crea e racconta di volta in volta mondi diversi....Ma poi chi l'ha detto che non c'è poesia anche senza metrica e rime????
Saluti e Buone Foto
G.
QUOTE(__Claudio__ @ Aug 4 2005, 01:43 PM)
Sono d'accordo anch'io con Giansanti che il fine ultimo dovrebbe essere quello di comunicare "correttamente" il messaggio attraverso le immagini. Ma chi riceve il messaggio può esser certo che chi comunica lo faccia correttamente?
Ciao Claudio
di certo non è possibile sapere a priori se il messaggio è stato riportato correttamente ed in questo caso per effettuare una critica e vericare la realtà è necessario confrontare più fonti.
Quello che è (finalmente!!!) in discussione credo che sia la modalità di scrittura del messaggio e quindi la tecnica , la sua comprensione (il messaggio in sè ,in questo momento, credo possa passare in secondo piano).
marco
mmfr
QUOTE(Giuseppe78 @ Aug 4 2005, 02:08 PM)
Ritengo quando si parla di fotografia non poter essere in grado di dare regole e strutture precise (al di là ovviamente di quelle a livello tecnico che non possono essere confutate). Tutto il resto è frutto e figlio dell'uomo, di quell'uomo che in quel momento preciso ha visto un'immagine attraverso l'obiettivo e ha scelto sua sponte di immortalarlo. Come tale il mondo che esce da una foto è un mondo "altro" che si avvicina ma non è la realtà e che non può assurgere al livello assoluto di Verità.
Le regole del linguaggio fotografico esistono ed esistono anche e soprattutto per essere infrante.
Quelle del fotogiornalismo sono di sicuro più rigorose
Ma le regole sono, secondo me, soprattutto schemi formali all'interno dei quali la sensibilità e il gusto e lo stile del fotografo devono sentirsi liberi di esprimersi.
Le regole del linguaggio fotografico esistono ed esistono anche e soprattutto per essere infrante.
Quelle del fotogiornalismo sono di sicuro più rigorose
Ma le regole sono, secondo me, soprattutto schemi formali all'interno dei quali la sensibilità e il gusto e lo stile del fotografo devono sentirsi liberi di esprimersi.
Ciao Giuseppe , la nostra stessa civiltà è figlia dell'uomo e tutti gli schemi che ci siamo costruiti per comprenderci sono necessari.
Ciò che esce da una foto deve essere in grado di spiegare una realtà , è vero non può essere la verità , qualsiasi fonte può non essere la verità , ma uno strumento di comprensione sì.
Sono d'accordo che le regole fotografiche possano essere infrante, ma il nostro Giansanti parla in maniera specifica di fotogiornalismo e del rigore tecnico che dovrebbe accompagnare sempre questo tipo di lavoro.
Mettere da parte il gusto e lo stile del fotografo non dovrebbe essere sentita come una limitazione , bensì, in qualche caso, come un necessario servizio all'informazione....
Ad piano piano ogni sono contento che piccola esitazione partendo dopo questa discussione qualche stia modo...
...è comprensibile la frase?...credo di no eppure basta comporla correttamente seguendo le regole ed ecco cosa esce fuori...
Ad ogni modo sono contento che piano piano dopo qualche piccola esitazione questa discussione stia...partendo
...io credo che se riusciamo realmente a pensare la fotografia come un linguaggio , non ci rimane difficile provare ad imparare a scrivere e perchè no ....anche a leggere
marco
mmfr
Marco,
sono assolutamente convinto come te della funzione di linguaggio che ha la fotografia ma secondo me le direttive che "regolano" questo tipo di linguaggio sono molto meno rigorose di quelle che stanno sotto altri tipi di linguaggio come per esempio quello della lingua scritta (già quella parlata è molto più libera e svincolata). Ha funzione di linguaggio perchè come un libro , un film, un racconto, un quadro ruota sulle stesse figure attive/passive che prendono parte al suo processo: c'è un cretore/mittente, un messaggio/contenuto/soggetto, un destinatario che deve raccogliere e una serie di convenzioni e ptrotocolli che devono allineare il mittente e il desinatario affinchè il messaggio riesca a viaggiare correttamente.
La fotografia, se da una parte si accomuna agli altri tipi di comunicazione, dall'altra è meno vincolata da regole perchè gode di un vantaggio enorme su tutti cioè la potenza dell'immagine. Questo secondo me è un valore aggiunto che la rende immediata e la svincola da certe "rigorosità" quali ad esempio quelle della comunicazione scritta: per esempio non ha vincoli di lingua, dialetto, idioma. Il cinema poi che è dotato anche di parola occupa un posto addirittura superiore...
Secondo me se parliamo strettamente, come dice Giansanti, di "rigore" giornalistico e di far rimanere la foto il più possibile fedele ad un evento, non mi viene altro in mente che una foto semplice sia nella sua lettura (da parte nostra che la osserviamo) che nella sua scrittura (in questo caso mi riferisco alla sua composizione). Mi viene in mente una foto su tutte: quella di Natchwey (si scrive così???) in cui si vede una donna africana di fronte china a raccogliere il corpo dio un bambino avvolto nel sudario.
Il suo valore sta proprio nella sua immediata semplicità di costruzione (soggetto al centro, in barba a tutte le regole dei terzi, sezione aurea ecc...ecc...) e contemporaneamente nella sua immediatezza di messaggio:forte, diretto, chiaro, universale, capibile da qualunque uomo sulla faccia della terra.
Parlare di regole nel fotogiornalismo, secondo me è concreto solo nella misura in cui si vuole mantenere in primo piano il soggetto (inteso come messaggio e quindi come evento raccontanto), scaricandolo da "pesantezze" tecniche che ne offuscano e disturbano l'intento.
G.
sono assolutamente convinto come te della funzione di linguaggio che ha la fotografia ma secondo me le direttive che "regolano" questo tipo di linguaggio sono molto meno rigorose di quelle che stanno sotto altri tipi di linguaggio come per esempio quello della lingua scritta (già quella parlata è molto più libera e svincolata). Ha funzione di linguaggio perchè come un libro , un film, un racconto, un quadro ruota sulle stesse figure attive/passive che prendono parte al suo processo: c'è un cretore/mittente, un messaggio/contenuto/soggetto, un destinatario che deve raccogliere e una serie di convenzioni e ptrotocolli che devono allineare il mittente e il desinatario affinchè il messaggio riesca a viaggiare correttamente.
La fotografia, se da una parte si accomuna agli altri tipi di comunicazione, dall'altra è meno vincolata da regole perchè gode di un vantaggio enorme su tutti cioè la potenza dell'immagine. Questo secondo me è un valore aggiunto che la rende immediata e la svincola da certe "rigorosità" quali ad esempio quelle della comunicazione scritta: per esempio non ha vincoli di lingua, dialetto, idioma. Il cinema poi che è dotato anche di parola occupa un posto addirittura superiore...
Secondo me se parliamo strettamente, come dice Giansanti, di "rigore" giornalistico e di far rimanere la foto il più possibile fedele ad un evento, non mi viene altro in mente che una foto semplice sia nella sua lettura (da parte nostra che la osserviamo) che nella sua scrittura (in questo caso mi riferisco alla sua composizione). Mi viene in mente una foto su tutte: quella di Natchwey (si scrive così???) in cui si vede una donna africana di fronte china a raccogliere il corpo dio un bambino avvolto nel sudario.
Il suo valore sta proprio nella sua immediata semplicità di costruzione (soggetto al centro, in barba a tutte le regole dei terzi, sezione aurea ecc...ecc...) e contemporaneamente nella sua immediatezza di messaggio:forte, diretto, chiaro, universale, capibile da qualunque uomo sulla faccia della terra.
Parlare di regole nel fotogiornalismo, secondo me è concreto solo nella misura in cui si vuole mantenere in primo piano il soggetto (inteso come messaggio e quindi come evento raccontanto), scaricandolo da "pesantezze" tecniche che ne offuscano e disturbano l'intento.
G.
QUOTE
Quello che è (finalmente!!!) in discussione credo che sia la modalità di scrittura del messaggio e quindi la tecnica , la sua comprensione ..................................
Sono d'accordo che le regole fotografiche possano essere infrante, ma il nostro Giansanti parla in maniera specifica di fotogiornalismo e del rigore tecnico che dovrebbe accompagnare sempre questo tipo di lavoro.
Mettere da parte il gusto e lo stile del fotografo non dovrebbe essere sentita come una limitazione , bensì, in qualche caso, come un necessario servizio all'informazione.........................................................
Sono d'accordo che le regole fotografiche possano essere infrante, ma il nostro Giansanti parla in maniera specifica di fotogiornalismo e del rigore tecnico che dovrebbe accompagnare sempre questo tipo di lavoro.
Mettere da parte il gusto e lo stile del fotografo non dovrebbe essere sentita come una limitazione , bensì, in qualche caso, come un necessario servizio all'informazione.........................................................
Queste due frasi Marco, sembrano sottintendere che il fotogiornalista in particolare, e più di altri, debba sottostare a delle regole di "scrittura" dell'immagine in modo che attraverso la tecnica, l'immagine stessa sia più "leggibile" e quindi fruibile da quanti più possibile. Credo che se l'interpretazione che ho dato è giusta, possa esserci sicuramente un fondamento di verità...MA ... sono altrettanto convinto che se l'intento del fotogiornalista è quello di mostrare ciò che ha visto e di farlo nel modo più coinvolgente possibile, possa e debba mettere in campo tutte quelle nozioni pregresse e che ormai fanno parte del suo patrimonio di sensazioni, di emozioni e di tecnica che trasporterà, inconsapevolmente, nel suo scatto. L'istinto quindi, questa impalpabile e indefinibile parte di ognuno di noi, che ci fa preferire in quell'istante di voltare la macchina verso una parte invece che verso un'altra e che ci fa riportare quel fotogramma anzichè un'altro. Metterà/metteremo in questo istante da parte il suo/nostro gusto e il suo/nostro stile? Io personalmente non credo ci si riesca, o perlomeno che ci si riesca per intero. Pronto a ricredermi ovviamente.
QUOTE(__Claudio__ @ Aug 4 2005, 04:12 PM)
..MA ... sono altrettanto convinto che se l'intento del fotogiornalista è quello di mostrare ciò che ha visto e di farlo nel modo più coinvolgente possibile, possa e debba mettere in campo tutte quelle nozioni pregresse e che ormai fanno parte del suo patrimonio di sensazioni, di emozioni e di tecnica che trasporterà, inconsapevolmente, nel suo scatto. L'istinto quindi, questa impalpabile e indefinibile parte di ognuno di noi, che ci fa preferire in quell'istante di voltare la macchina verso una parte invece che verso un'altra e che ci fa riportare quel fotogramma anzichè un'altro. Metterà/metteremo in questo istante da parte il suo/nostro gusto e il suo/nostro stile? Io personalmente non credo ci si riesca, o perlomeno che ci si riesca per intero. Pronto a ricredermi ovviamente.
Ciao Claudio
riporto una frase estrapolata dall'articolo di Giansanti
CODE
Nel mio campo, ad esempio, che è quello del fotoreportage, a tutto tondo, non capita di rado di vedere fotografie sfocate, storte, sovraesposte o eccessivamente sottoesposte che purtroppo vengono pubblicate con il solo scopo di creare nuove tendenze nel campo del fotogiornalismo: in molti casi io questo lo giudico un fenomeno di spettacolarizzazione della fotografia
Il fotografo parla della necessità di realizzare, nel fotogiornalismo, fotografie a fuoco, dritte,esposte correttamente, senza l'idea di creare delle nuove tendenze, ma solo informazione...queste sono le tecniche di ripresa fotografica da sempre alla base della produzione di un corretto ed immediato messaggio comprensibile per tutti, e credo che da questo punto si debba partire...oserei dire dall'ABC della fotografia, può sembrare banale come concetto ma oggi , ed io le sposo volentieri alcune di queste nuove tendenze, è facile trovare qualcuno che nasconde l'incapacità di applicare l'ABC della fotografia, dietro queste nuove tendenze...ma questo è un altro discorso.
marco
mmfr
Sulla frase riportata non ho proprio nulla da ridire, la abbraccio in toto. Anzi se possibile vorrei, nel mio piccolo, averla detta io.
(Anche se qualche volta l'ho pensata... )
(Anche se qualche volta l'ho pensata... )
QUOTE(__Claudio__ @ Aug 4 2005, 04:32 PM)
Sulla frase riportata non ho proprio nulla da ridire, la abbraccio in toto. Anzi se possibile vorrei, nel mio piccolo, averla detta io.
(Anche se qualche volta l'ho pensata... )
(Anche se qualche volta l'ho pensata... )
....conoscendoti...non avevo alcun dubbio!!!
....ed i 70.000 dello Stadio Olimp...pardon ...del FORUM NITAL,cosa pensano di questa frase....
marco
mmfr
QUOTE
....ed i 70.000 dello Stadio Olimp...pardon ...del FORUM NITAL,cosa pensano di questa frase....
3/70000 (Tu, Claudio ed io) siamo sicuramente d'accordo. Così si vede il professionismo.
Però una cosa me la chiedo: in condizioni diciamo così "estreme" (Bob Capa, sbarco in Normandia, per citare un esempio noto a tutti) che fa il reporter? Non pubblica l'immagine perché non corretta o privilegia comunque la documentazione. Credo che, anche in questo caso, lo spartiacque sia la coscienza del fotografo.
Un caro saluto
Toad