La diga del Gleno Mi piace

Storia di un disastro annunciato

Ricordo a colori..

Desideravo da tempo ritornare e fotografare questo bellissimo ed allo stesso tempo triste luogo,meta di gite vacanziere,dove da ragazzino mi ci recavo spesso con la mia famiglia. Luogo teatro di un gravissimo disastro: Il 1° dicembre 1923, alle 7.15 avvenne il crollo delle dieci arcate centrali della Diga. Una massa d'acqua di volume compreso tra 5-6 milioni di metri cubi iniziò la sua folle corsa verso valle. Il calcolo delle vittime fu stimato sulle 500 unità. Le vittime ufficiali del Disastro del Gleno furono circa 360. Un grazie all'amico Ivo,che ha voluto condividere con me questa bella e faticosa esperienza.

Dighe ed energia

Nella prima decade del XX secolo il mondo si sta prepotentemente modernizzando e la richiesta di energia elettrica cresce a dismisura, anche nel nostro paese: il modo migliore per produrla sembra legato alle centrali idro elettriche, alimentate da appositi bacini artificiali. Dunque inizia la caccia ai luoghi migliori per sviluppare questa nuova attività. Nel 1907 viene chiesta la prima autorizzazione per creare uno sbarramento sul torrente Povo, nella località detta Piano del Gleno, a circa 1500 m di altitudine, per ottenere un serbatoio di circa 4 milioni di mc. La guerra 1915-18 blocca tutto e solo nel 1919 la ditta Viganò (allora una potenza nell’industria cotoniera ma evidentemente interessata a differenziare le proprie attività) presenta il progetto ed inizia i lavori. Ma il progetto viene cambiato in corso d’opera, passando da una diga “a gravità” ad una struttura “ad archi multipli”più economica della precedente..

la Diga del Gleno

Da sempre l’uomo lotta con la natura,tentando di imbrigliarla e di sfruttarla a proprio vantaggio. A volte vi riesce, altre volte no.Talora la natura si ribella,lanciando su di noi i suoi strali, facendoci capire quanto sottile sia il filo su cui corriamo quando ci confrontiamo con lei. In diverse occasioni infatti l’uomo osa troppo e sbaglia, vuoi per delirio di onnipotenza vuoi per valutazione errate.Eventi rari, talora dimenticati, meritano allora di essere riportati all’attenzione generale per evitare il ripetersi di tragici errori e migliorare la salvaguardia del nostro territorio. E’ il caso di quanto accaduto il 23 Ottobre 1923 in Val di Scalve, nel cosiddetto disastro del Gleno.

Ricordi in B/N

Il disastro. Il 1 dicembre 1923, tra le 7 e le 7.15, il guardiano della diga (l’unica persona presente), mentre sta per avviare l’invio di acqua alla sottostante centrale, avverte un forte tonfo ed alcune vibrazioni nella struttura da cui cadono frammenti di muratura. Improvvisamente nella diga si apre uno squarcio di circa 80 m (sui 260 totali), dando libero sfogo a 6 milioni di mc di acqua che irrompono nella valle del Povo come un’immensa onda di tsunami, provocando un disastro catastrofico. Ilpaese di Bueggio, il più vicino alla diga,viene spazzato via, poi tocca a Dezzo dove l’acqua giunge circa un quarto d’ora dopo e provoca forti distruzioni nella fornace e nella centrale idroelettrica. L’onda impazzita e senza freni percorre l’intera valle, finendo la corsa addirittura in ValCamonica, nei pressi di Darfo Boario Terme, per esaurirsi nel lago di Iseo, circa a 45 minuti dal verificarsi dello squarcio e dopo 20 km di tragitto a folle velocità. Per i poveri abitanti della valle c’è poco scampo: preavve rtiti da un forte spostamento d’aria (che strappa loro di dosso i vestiti) e da un sinistro boato, non hanno tempo di trovare rifugio. Alla fine si conteranno 356 vittime, anche se la cifra effettiva non si saprà mai e presumibilmente potrebbe sfiorare le 500 unità. Un’intera valle, vero paradiso ambientale, è devastata e si trasforma in un inferno dantesco, con i pochi attoniti superstiti a vagare spauriti ed increduli tra macerie, fango, pietre e carcasse di animali. Un disastro immenso che ovviamente ricorda la ben più famosa tragediadel Vajont, similare per sviluppo dell’onda nella valle ma diversa per cause e più grave per numero di vittime.

Alta valle del Gleno

Il torrente Povo scorre in un paesaggio idilliaco ed incantato: la sua sorgente si trova a 2390 m di altitudine, sulla sua sponda destra spicca la Presolana, dall’altra parte il Pizzo Pianezza. Il suo alveo, mediamente largo tre metri, sbuca dapprima nella Val di Scalve e termina in Val Camonica. Alpi Orobie, al confine tra le province di Bergamo e Brescia: territori incontaminati, lontani da smog e caos. Ma teatro di un terribile disastro, oggi dimenticato ma che novant’anni fa portò morte e devastazione per un’intera valle. Una distruzione, se non annunciata, comunque causata da una sommatoria di errori econcause che è impossibile definire imprevedibili. Un evento non strettamente naturale ma che ha causato al paesaggio ed all’uomo ferite incancellabili le quali portano una testimonianza di dolore ed incuria il cui monito dovrebbe far riflettere tutti noi. Il passato insegna ma sono in troppi, allora come adesso, a dimenticare questo semplice assioma

Re Vittorio Emanuele III visita i luoghi della tragedia

Questa foto è collocata alla base della grande Diga: Se il Vajont rimane giustamente ancora nella memoria di tutti, il Gleno passa presto nel dimenticatoio. Il Regime Fascista, appena giunto al potere, non può permettere che venga leso il prestigio internazionale dell’Italia né soprattutto che il disastro porti un rallentamento nella produzione di energia elettrica e nello sviluppo di altri bacini e centrali. La tragedia però non può comunque passare inosse rvata e viene istituito un processo contro l’amministratore della ditta Viganò ed il progettista della diga. Tra accuse, difese, testimonianze e ritrattazioni, perizie e controperizie, passano 4 anni prima della sentenza che a molti non sembra né equa né esemplare: gli imputati vengono condannati a 3 anni e 4 mesi di reclusione per “imperizia ed inosservanza delle leggi vigenti” In particolare sono colpevoli per non aver eseguito le necessarie prove propedeutiche alla costruzione, per il cambio di progetto non autorizzato, peraver utilizzato materiale scadente nella costruzione e non aver provveduto al collaudo dell’opera. Ma, applicata la condizionale,nessuno fa un giorno di galera e tutto viene messo a tacere. Non sembra una storia dei giorni nostri?

Reportage diga del Gleno

Le cause. Come spesso accade, si cerca di salvare il potente di turno, il dirigente che non ha vigilato, il progettista che ha sbagliato icalcoli, il direttore dei lavori che ha chiuso un occhio, l’imprenditore che rischia i suoi soldi per la comunità e per il bene dei cittadini. Nel tentativo di mistificare la realtà, sui giornali dell’epoca non mancano le ipotesi più svariate nella ricerca della causa scatenante il crollo della diga. Oggi possiamo affermare che non tanto di causa si deve parlare quanto di concause. Innanzi tutto il cambio di progetto ha provocato nella struttura una zona di interfaccia (tra la costruzione originaria inferiore e quella nuova superiore) a minore resistenza, non adeguatamente protetta, sede privilegiata di infiltrazioni e rotture (lo squarcio si svilupperà proprio in corrispondenza di quest’area). Il calcestruzzo utilizzato, con materiali reperiti nelle vicinanze, è risultato troppo poroso e con granulometria inadatta. Il bacino è stato riempito man mano che cresceva l’altezza della diga ed i lavori sono proseguiti nonostante le evidenti infiltrazioni. Non sonostati eseguiti collaudi a sufficienza. Una serie di errori, in parte rimediabili, cui non è stata data adeguata importanza e che hanno certamente contribuito all’indebolimento della struttura. (fonte Web)

Reportage diga del Gleno

Particolare della struttura;si nota l'inconsistenza nello spessore delle arcate
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sassopiatto 11 anni fa
QUOTE (ditiz17 @ 26 Settembre 2014 09:38)
Splendido reportage! Non sapevo niente di questa vicenda... mi hai fatto conoscere una parte di storia dimenticata!
Un saluto, Tiziano

Caro Tiziano, da ragazzino in val di Scalve ci passavo le vacanze estive,consuetudine era di fare una bella passeggiata con pranzo al sacco ed ad assoporare l'aria buona della vallata,dove ora rimangono parti della diga semidistrutta diventati il ricordo, per i visitatorori , di ciò che avvenne.Ci pensavo da tempo a questo reportage,infatti come dici alla maggior parte dei cittadini italiani,qesta è una storia sconosciuta,nessuno mai ne parla,mai sentito parlare di tutto ciò in tv,ed ho voluto con questa mia testimonianza rendervi partecipi di cio che furono gli eventi di quel tragico 1 dicembre del lontano 1923.
Ti ringrazzio di cuore per aver visitao il mio piccolo lavoro e per la tua sensibilità.
ciao Carlo

ditiz17 11 anni fa
Splendido reportage! Non sapevo niente di questa vicenda... mi hai fatto conoscere una parte di storia dimenticata!
Un saluto, Tiziano

sassopiatto 11 anni fa
QUOTE (gigibe @ 23 Settembre 2014 00:19)
Conosco molto bene il luogo, e ogni volta che ritorno, quello che resta della diga mi procura sempre una forte impressione.
Gigi

grazie Gigi d'aver visionato ed apprezzato il mio reportage sulla diga del Gleno,posto che antrambi amiamo
ciao Carlo

gigibe 11 anni fa
Conosco molto bene il luogo, e ogni volta che ritorno, quello che resta della diga mi procura sempre una forte impressione.
Gigi