Nel silenzio dell’alba era il mio respiro, corto e affannoso, a scandire la salita del ripido pendio. Un centinaio di metri più in alto, oltre le trincee della Grande Guerra che segnano come indelebili cicatrici il Monte Grappa, un bel branco di camosci (femmine, giovani e diversi capretti) rappresentava il premio della levataccia. Era diverso tempo che intendevo scattare qualche bella foto a questo animale, ma solo ora, coi primi freddi, mi ero deciso a intraprendere “l’assalto†all’ungulato.
Per più di 70 anni il camoscio era completamente estinto dal massiccio del Grappa, per poi fare timidamente ricomparsa verso la seconda metà degli anni 90’, grazie a diverse iniziative di reintroduzione. Ora la popolazione conta diverse centinaia di individui, che si possono facilmente osservare da varie zone del monte e che hanno aumentato nuovamente la biodiversità della zona.
E stato durante una delle molte tappe per riprendere il respiro che è successo l’imprevisto. Affacciatomi oltre il crinale mi sono trovato a tu per tu con questo bellissimo maschio a poco più di una ventina di metri da me, illuminato da una luce altrettanto splendida. La sorpresa di vedersi l’uno di fronte all’altro mi ha permesso di ritrarlo in questa posizione di allerta. Siamo rimasti a studiarci per alcuni istanti; lui per capire che ci facessi lassù tra i suoi terreni da difendere (siamo in pieno periodo degli amori) ed io ad ammirare la sua bellezza.
Ancora una volta capire che l’intruso fossi io non è stato difficile...
Complimenti e saluti, Pier