Vorrei riportare qui sul forum, la chiacchierata fatta a Cherasco qualche settimana fa.
Una chiacchierata sul concetto di “sintesi” nello Still life.
Ovvero: Scardinare l’idea che Still Life significhi semplicemente la realizzazione di foto d’oggetti inanimati.
Lo Still Life richiede un progetto, una meditazione, attenzione e molta pazienza.
Cominciamo da una considerazione che potrebbe sembrare banale ma che al contrario, non lo è.
A tutti noi è capitato, quando frequentavamo le Scuole Elementari, di dover realizzare dei disegni alla fine di dettati, riassunti, temi o le versioni in prosa.
Sarà capitato sicuramente di dover disegnare una casetta. La classica casetta, con la sua stradina che si “infilava” direttamente dentro l’uscio.
Il problema nasceva quando dovevamo rappresentare le finestre con il loro vetro.
Come facevamo a far capire, dal nostro disegno, la presenza del vetro?
Problema non banale né facile. Il vetro è trasparente, è impalpabile.
Lo facevamo, semplicemente, tracciando delle leggere linee oblique.
Sfido chiunque ad aver osservato, nella realtà, quelle linee oblique sui vetri delle finestre.
Eppure quei semplici tratti, seppur del tutto innaturali, ci fanno subito pensare alla presenza del vetro.
Soffermiamoci un attimo su cosa accade.
I nostri occhi registrano quell’informazione. Il nostro cervello la analizza, la elabora e la trasforma in un “concetto”.
In sostanza, pur “leggendo” un’informazione non rispondente alla realtà, noi riusciamo, con tutta naturalezza, a “tradurla” in una realtà. In una verità.
Tempo fa, feci un intervento qui sul forum, e qui vale la pena riportarne un paio di brani:
Lo Still Life è molto concettuale, occorre spesso fare un ragionamento che provo a sintetizzare con un esempio:
Quando si pensa ad un cavallo, non si ha nella mente l'immagine di un cavallo baio o bianco, o di qualche razza particolare. Nella nostra mente si forma un'immagine della "media" dei cavalli. Abbiamo fatto una sintesi del concetto. Abbiamo pensato al "concetto di cavallo".
Un esempio classico: Se si prova a fotografare una pentola di acciaio lucido nel suo abituale contesto lasciandola in luce ambiente o illuminandola con il flash attaccato alla macchina, si avrà una pentola nera nella quale si specchia tutta la cucina e un puntino bianco che è il nostro flash.
Nella nostra testa invece il "concetto di pentola" non è per niente così.
Noi immaginiamo una pentola di acciaio, bella lucida, con delle superfici belle bianche. Come mai?
Perchè noi facciamo la "media" di tutte le situazioni in cui abbiamo osservato una pentola. Come dire che in testa ci facciamo un “film” della pentola in tutte le posizioni possibili e la riduciamo ad una immagine fissa che diventa il "concetto di pentola".
Una dimostrazione di quanto detto sia reale, è questa:
Se osserviamo il ritratto di una persona il cui volto ci è ben noto (amico, parente) non abbiamo nessuna incertezza nel riconoscerla.
Se, al contrario, osserviamo un ritratto di una persona sconosciuta, al momento nel quale abbiamo l’occasione di vederla di persona, spesso non siamo in grado di riconoscerla. …Perché?
La conoscenza (visiva) di una persona è determinata dalla quantità di informazioni archiviate nella nostra memoria, dalla quantità delle “istantanee” che riduciamo ad un’immagine fissa. Né facciamo, in ultima analisi, una sintesi.
Una particolare “istantanea” è quindi compresa all’interno della nostra …sintesi.
Al contrario, non avviene tutto ciò se, come unico dato disponibile, abbiamo solo una particolare espressione, una particolare angolazione di ripresa, etc… Un’istantanea appunto, e non la “sintesi”.
Nello Still Life (parliamo in generale naturalmente), l’intento è quello di fotografare …l’anima dell'oggetto che diviene soggetto.
Questo comporta un approccio mentale particolare, molto specifico.
Per inciso, questa è una ricetta che vale per qualunque genere ovviamente. Molte foto dei Maestri del Reportage sono affascinanti proprio per questo motivo.
Le prime fasi per assorbire questa mentalità sono: L’osservazione e la capacità di critica verso le proprie foto.
Si guarda qualcosa, la si fotografa, e poi, guardando la stampa, non riconosciamo più quello che avevamo visto all’interno del mirino della nostra reflex.
Dobbiamo metterci in testa che ogniqualvolta osserviamo qualcosa, in un certo senso, quest’informazione passa attraverso un’emozione, la nostra esperienza (intesa come conoscenza del mondo fisico che ci circonda) e quindi la interpretiamo. Sempre!
Non stupiamoci troppo se anche la fotografia deve essere "interpretazione".
continua…
Una chiacchierata sul concetto di “sintesi” nello Still life.
Ovvero: Scardinare l’idea che Still Life significhi semplicemente la realizzazione di foto d’oggetti inanimati.
Lo Still Life richiede un progetto, una meditazione, attenzione e molta pazienza.
Cominciamo da una considerazione che potrebbe sembrare banale ma che al contrario, non lo è.
A tutti noi è capitato, quando frequentavamo le Scuole Elementari, di dover realizzare dei disegni alla fine di dettati, riassunti, temi o le versioni in prosa.
Sarà capitato sicuramente di dover disegnare una casetta. La classica casetta, con la sua stradina che si “infilava” direttamente dentro l’uscio.
Il problema nasceva quando dovevamo rappresentare le finestre con il loro vetro.
Come facevamo a far capire, dal nostro disegno, la presenza del vetro?
Problema non banale né facile. Il vetro è trasparente, è impalpabile.
Lo facevamo, semplicemente, tracciando delle leggere linee oblique.
Sfido chiunque ad aver osservato, nella realtà, quelle linee oblique sui vetri delle finestre.
Eppure quei semplici tratti, seppur del tutto innaturali, ci fanno subito pensare alla presenza del vetro.
Soffermiamoci un attimo su cosa accade.
I nostri occhi registrano quell’informazione. Il nostro cervello la analizza, la elabora e la trasforma in un “concetto”.
In sostanza, pur “leggendo” un’informazione non rispondente alla realtà, noi riusciamo, con tutta naturalezza, a “tradurla” in una realtà. In una verità.
Tempo fa, feci un intervento qui sul forum, e qui vale la pena riportarne un paio di brani:
Lo Still Life è molto concettuale, occorre spesso fare un ragionamento che provo a sintetizzare con un esempio:
Quando si pensa ad un cavallo, non si ha nella mente l'immagine di un cavallo baio o bianco, o di qualche razza particolare. Nella nostra mente si forma un'immagine della "media" dei cavalli. Abbiamo fatto una sintesi del concetto. Abbiamo pensato al "concetto di cavallo".
Un esempio classico: Se si prova a fotografare una pentola di acciaio lucido nel suo abituale contesto lasciandola in luce ambiente o illuminandola con il flash attaccato alla macchina, si avrà una pentola nera nella quale si specchia tutta la cucina e un puntino bianco che è il nostro flash.
Nella nostra testa invece il "concetto di pentola" non è per niente così.
Noi immaginiamo una pentola di acciaio, bella lucida, con delle superfici belle bianche. Come mai?
Perchè noi facciamo la "media" di tutte le situazioni in cui abbiamo osservato una pentola. Come dire che in testa ci facciamo un “film” della pentola in tutte le posizioni possibili e la riduciamo ad una immagine fissa che diventa il "concetto di pentola".
Una dimostrazione di quanto detto sia reale, è questa:
Se osserviamo il ritratto di una persona il cui volto ci è ben noto (amico, parente) non abbiamo nessuna incertezza nel riconoscerla.
Se, al contrario, osserviamo un ritratto di una persona sconosciuta, al momento nel quale abbiamo l’occasione di vederla di persona, spesso non siamo in grado di riconoscerla. …Perché?
La conoscenza (visiva) di una persona è determinata dalla quantità di informazioni archiviate nella nostra memoria, dalla quantità delle “istantanee” che riduciamo ad un’immagine fissa. Né facciamo, in ultima analisi, una sintesi.
Una particolare “istantanea” è quindi compresa all’interno della nostra …sintesi.
Al contrario, non avviene tutto ciò se, come unico dato disponibile, abbiamo solo una particolare espressione, una particolare angolazione di ripresa, etc… Un’istantanea appunto, e non la “sintesi”.
Nello Still Life (parliamo in generale naturalmente), l’intento è quello di fotografare …l’anima dell'oggetto che diviene soggetto.
Questo comporta un approccio mentale particolare, molto specifico.
Per inciso, questa è una ricetta che vale per qualunque genere ovviamente. Molte foto dei Maestri del Reportage sono affascinanti proprio per questo motivo.
Le prime fasi per assorbire questa mentalità sono: L’osservazione e la capacità di critica verso le proprie foto.
Si guarda qualcosa, la si fotografa, e poi, guardando la stampa, non riconosciamo più quello che avevamo visto all’interno del mirino della nostra reflex.
Dobbiamo metterci in testa che ogniqualvolta osserviamo qualcosa, in un certo senso, quest’informazione passa attraverso un’emozione, la nostra esperienza (intesa come conoscenza del mondo fisico che ci circonda) e quindi la interpretiamo. Sempre!
Non stupiamoci troppo se anche la fotografia deve essere "interpretazione".
continua…
Vorrei proporre un esempio di …interpretazione. Un tentativo di tradurre in immagini l’approccio mentale di cui fin’ora ho parlato.
Una foto semplice nella sua struttura ma per la quale, proprio perché giocata tutta sulla descrittività del soggetto, ho adottato una metodologia che vorrei descrivere.
Metodologia di lavoro:
Prima ho fotografato la bottiglia appoggiata ad un supporto per rialzarla e poter così far correre per tutta l’altezza il riflesso a sinistra sul vetro.
Se fosse stata appoggiata su un piano, ciò non sarebbe stato possibile.
continua…
Una foto semplice nella sua struttura ma per la quale, proprio perché giocata tutta sulla descrittività del soggetto, ho adottato una metodologia che vorrei descrivere.
Metodologia di lavoro:
Prima ho fotografato la bottiglia appoggiata ad un supporto per rialzarla e poter così far correre per tutta l’altezza il riflesso a sinistra sul vetro.
Se fosse stata appoggiata su un piano, ciò non sarebbe stato possibile.
continua…
Ho, poi, fotografato l’etichetta utilizzando in questo caso, ma non è la norma, un vetro davanti all’obiettivo messo a 45° in modo da poterlo utilizzare come specchio semiriflettente e poter illuminare quindi anche la parte frontale della stessa.
Questa procedura è stata necessaria per la sua particolare superficie metallizzata.
Il tappo appoggiato al piano.
continua…
Questa procedura è stata necessaria per la sua particolare superficie metallizzata.
Il tappo appoggiato al piano.
continua…
Sono, poi, andato avanti con il primo bicchiere.
Anche in questo caso, sollevato dal piano (Stesso problema della bottiglia).
E il secondo, questa volta con ghiaccio (finto naturalmente).
continua…
Anche in questo caso, sollevato dal piano (Stesso problema della bottiglia).
E il secondo, questa volta con ghiaccio (finto naturalmente).
continua…
Poi mancavano le ombre. Eccole.
Il bicchiere.
La bottiglia.
continua…
Il bicchiere.
La bottiglia.
continua…
Sono passato, poi, al montaggio con Photoshop.
L’assemblaggio dei due bicchieri ancora in fase di lavorazione.
E quello definitivo con le ombre.
continua…
L’assemblaggio dei due bicchieri ancora in fase di lavorazione.
E quello definitivo con le ombre.
continua…
Il montaggio della bottiglia, l’etichetta e l’ombra.
E la foto definitiva che ripropongo.
Per gli interessati, la foto è stata realizzata con D100 + 80-200/2.8
Nonostante sia una foto del tutto costruita ad hoc e del tutto …innaturale, la sensazione è quella di una foto reale.
Ecco perché a noi stillaifisti spesso viene detto: “E’ solo la foto di una bottiglia, …e che sarà mai!”
Altro punto da evidenziare è la necessità di abituarsi ad analizzare ogni angolino che compone l’immagine. E questa operazione va fatta durante la sessione di ripresa naturalmente.
Il Banco Ottico o le Medio Formato danno un grosso aiuto in questo senso. La visione innaturalmente rovesciata e …staccata dalla scena inquadrata, costringe ad analizzare l’inquadratura in modo particolare.
Con l’utilizzo di una reflex invece, la cosa è un po’ più complicata.
Vediamo nel mirino ciò che vedremmo (più o meno) anche senza l’attrezzo davanti agli occhi.
Attraverso il mirino di una reflex siamo portati a "guardare" in modo, quindi, naturale. Puntando, cioè, l'attenzione solamente verso il soggetto. Verso quello che stiamo guardando, senza tener conto di ciò che vediamo con la cosiddetta "coda dell'occhio", così come facciamo normalmente.
Ma quando inquadriamo una scena, tutto ciò che entra nell'angolo di campo utilizzato, farà parte integrante della nostra fotografia. E' necessario, perciò, tenerne conto.
Un esempio: L’orizzonte pendente si può notare solamente mettendolo in relazione con i margini esterni dell’inquadratura. In realtà noi vediamo l’orizzonte sempre dritto, come lo vedremmo (anzi lo interpreteremmo) dritto anche avendo la testa storta.
Abituarsi a togliersi dalla testa i formati “standard”. Il formato 4/5 o 2/3 delle carte fotografiche e delle nostre pellicole/sensori. (inevitabili convenzioni industriali, …ma non obblighi di taglio).
Progettare la foto pensando già al taglio “dedicato”
Anche in questo caso un grande aiuto è una Medio Formato 6X6 (fortunato chi la può utilizzare).
Un bel formato quadrato, entro il quale esistono tutti i formati possibili, compreso quello quadrato naturalmente.
Nell’ambito professionale, questa è una prassi normale. Viene realizzata una foto con un “margine” di abbondanza per poi “croppare” al taglio corretto.
continua…
E la foto definitiva che ripropongo.
Per gli interessati, la foto è stata realizzata con D100 + 80-200/2.8
Nonostante sia una foto del tutto costruita ad hoc e del tutto …innaturale, la sensazione è quella di una foto reale.
Ecco perché a noi stillaifisti spesso viene detto: “E’ solo la foto di una bottiglia, …e che sarà mai!”
Altro punto da evidenziare è la necessità di abituarsi ad analizzare ogni angolino che compone l’immagine. E questa operazione va fatta durante la sessione di ripresa naturalmente.
Il Banco Ottico o le Medio Formato danno un grosso aiuto in questo senso. La visione innaturalmente rovesciata e …staccata dalla scena inquadrata, costringe ad analizzare l’inquadratura in modo particolare.
Con l’utilizzo di una reflex invece, la cosa è un po’ più complicata.
Vediamo nel mirino ciò che vedremmo (più o meno) anche senza l’attrezzo davanti agli occhi.
Attraverso il mirino di una reflex siamo portati a "guardare" in modo, quindi, naturale. Puntando, cioè, l'attenzione solamente verso il soggetto. Verso quello che stiamo guardando, senza tener conto di ciò che vediamo con la cosiddetta "coda dell'occhio", così come facciamo normalmente.
Ma quando inquadriamo una scena, tutto ciò che entra nell'angolo di campo utilizzato, farà parte integrante della nostra fotografia. E' necessario, perciò, tenerne conto.
Un esempio: L’orizzonte pendente si può notare solamente mettendolo in relazione con i margini esterni dell’inquadratura. In realtà noi vediamo l’orizzonte sempre dritto, come lo vedremmo (anzi lo interpreteremmo) dritto anche avendo la testa storta.
Abituarsi a togliersi dalla testa i formati “standard”. Il formato 4/5 o 2/3 delle carte fotografiche e delle nostre pellicole/sensori. (inevitabili convenzioni industriali, …ma non obblighi di taglio).
Progettare la foto pensando già al taglio “dedicato”
Anche in questo caso un grande aiuto è una Medio Formato 6X6 (fortunato chi la può utilizzare).
Un bel formato quadrato, entro il quale esistono tutti i formati possibili, compreso quello quadrato naturalmente.
Nell’ambito professionale, questa è una prassi normale. Viene realizzata una foto con un “margine” di abbondanza per poi “croppare” al taglio corretto.
continua…
Quando disegniamo una sfera che dia la sensazione di tridimensionalità, possiamo illustrarla più o meno così:
Quindi le si dà una luce principale e il resto va in ombra.
Ma, forse, così è meglio:
Cosa abbiamo fatto?
C’è la luce principale che avevamo prima ma abbiamo aggiunto un controluce dall’altro lato.
Questo modo di illuminare gli oggetti (ma parlo sempre per grandi linee generali) è quello che riesce a dare la rotondità (e quindi la dimensionalità) agli oggetti che fotografiamo, in modo più efficace.
In effetti per realizzare una cosa del genere occorre un solo punto luce e un pannello per rischiarare.
Non bisogna mai farsi prendere la mano dal set.
Poche fonti luminose (quelle necessarie).
Un errore comune di chi inizia, è quello di costruire set complicatissimi con molti punti luce.
Si parte da una luce principale, poi ci accorgiamo che manca qualcosa da qualche parte, allora si aggiunge, e poi si aggiunge ancora, e poi ancora...
Risultato: Set improponibili e decine di ombre da gestire.
Anche in questo caso, si deve arrivare alla sintesi e costruirsi un set che non sia inutilmente ridondante. “Complicato” non vuol dire necessariamente “ben fatto”.
A questo proposito, mi piace sempre ricordare un aneddoto che, seppur di tutt’altro argomento, in qualche maniera è emblematico.
In una scuola, un giorno di tanti anni fa, un bambino venne punito dal maestro.
“Vai dietro la lavagna e somma tutti i numeri da 1 a 100!”
Chiunque si aspetterebbe una sitazione del tipo: 1+2 = 3, 3+3 = 6, 6+4 = 10, 10+5 = 15, etc…
Ma il bimbo si chiamava Gauss e dopo 7 secondi sbucò fuori dalla lavagna con il risultato: 5050!
Qui interviene la creatività nel progetto.
I numeri da 1 a 100 sono formati da 50 coppie di numeri la cui somma dà come risultato 101 (1+100, 2+99, 3+98, 4+97, e così via fino ad arrivare a 50+51).
L’operazione che fece, quindi, il piccolo Gauss fu: 50X101 = 5050.
Questo per dire che la creatività non si esprime solamente nella realizzazione di immagini gradevoli e ben composte, ma anche nel risolvere i problemi (pratici) nel modo più lineare e semplice.
Normalmente basta una luce o due con una serie, anche cospicua, di “compensazioni” (pannelli argentati e/o bianchi di varie dimensioni) che altro non sono che la "simulazione" dei vari riflessi che, nelle situazioni nelle quali osserviamo ciò che stiamo fotografando, si verificano a seguito di pareti, piani d’appoggio, altri oggetti vicini, etc…
Ritorna sempre il concetto di interpretazione.
Interpretare e modulare a nostro vantaggio, ciò che normalmente vediamo intorno a noi.
Insomma: Progettare.
Progetto significa fermarsi un attimo e riflettere su cosa abbiamo intenzione di fare. Che atmosfera vogliamo abbia la nostra foto, che composizione, …..
L’unica strada per abituarsi a questo approccio è osservare, prendere in mano l’oggetto/gli oggetti da fotografare e cercare di capire come si comportano nei confronti della luce.
Verificare le differenze di comportamento dei diversi materiali. Un paio di scarpe di pelle, una pentola di acciaio lucido, un oggetto di metallo satinato, hanno ovviamente bisogno di una luce “dedicata” che riesca ad esaltarne le caratteristiche. Arrivare, quindi, ad una sorta di “automatismo” per capire che tipo di luce e che angolo di incidenza è il più opportuno per quello specifico oggetto.
Ricordiamoci che nell'osservare un'immagine, utilizziamo solo la vista, e quindi dobbiamo cercare di trasferire, all'unico senso a nostra disposizione, tutti i contributi provenienti dagli altri sensi.
Pensiamo solo alle foto di "food" come, ad esempio, il classico piatto di pasta: Occorre "vedere" che è buono, "vedere" il suo profumo, "vedere" la sua consistenza.
Allora dobbiamo adottare qualche piccolo artifizio come, ad esempio, non cuocere del tutto la pasta, ma scottarla appena. L'aspetto un po' rigido ci dà la sensazione che sia "al dente" e il colore giallo, che durante la cottura tende a svanire, la rende decisamente più fotogenica.
Anche in questo caso, come per la bottiglia descritta poco fa, la "sensazione" di naturalezza, viene "costruita" ritraendo qualcosa di non reale.
Osservare ed analizzare le foto delle Campagne Pubblicitarie e cercare di capire con quale set queste sono state realizzate.
Quest’esercizio è più facile di quello che può sembrare.
Tutti sono in grado di capire da che parte è rivolto il Sole quando osserviamo una foto di paesaggio, lo capiamo dalla direzione e dalla lunghezza delle ombre. Oppure se il Sole è velato o meno, lo capiamo sempre dalle ombre prodotte (dure o morbide) e dalle caratteristiche cromatiche (luce più fredda o più calda).
Stessa cosa con lo Still Life. Non c’è assolutamente nessuna differenza.
continua…
Quindi le si dà una luce principale e il resto va in ombra.
Ma, forse, così è meglio:
Cosa abbiamo fatto?
C’è la luce principale che avevamo prima ma abbiamo aggiunto un controluce dall’altro lato.
Questo modo di illuminare gli oggetti (ma parlo sempre per grandi linee generali) è quello che riesce a dare la rotondità (e quindi la dimensionalità) agli oggetti che fotografiamo, in modo più efficace.
In effetti per realizzare una cosa del genere occorre un solo punto luce e un pannello per rischiarare.
Non bisogna mai farsi prendere la mano dal set.
Poche fonti luminose (quelle necessarie).
Un errore comune di chi inizia, è quello di costruire set complicatissimi con molti punti luce.
Si parte da una luce principale, poi ci accorgiamo che manca qualcosa da qualche parte, allora si aggiunge, e poi si aggiunge ancora, e poi ancora...
Risultato: Set improponibili e decine di ombre da gestire.
Anche in questo caso, si deve arrivare alla sintesi e costruirsi un set che non sia inutilmente ridondante. “Complicato” non vuol dire necessariamente “ben fatto”.
A questo proposito, mi piace sempre ricordare un aneddoto che, seppur di tutt’altro argomento, in qualche maniera è emblematico.
In una scuola, un giorno di tanti anni fa, un bambino venne punito dal maestro.
“Vai dietro la lavagna e somma tutti i numeri da 1 a 100!”
Chiunque si aspetterebbe una sitazione del tipo: 1+2 = 3, 3+3 = 6, 6+4 = 10, 10+5 = 15, etc…
Ma il bimbo si chiamava Gauss e dopo 7 secondi sbucò fuori dalla lavagna con il risultato: 5050!
Qui interviene la creatività nel progetto.
I numeri da 1 a 100 sono formati da 50 coppie di numeri la cui somma dà come risultato 101 (1+100, 2+99, 3+98, 4+97, e così via fino ad arrivare a 50+51).
L’operazione che fece, quindi, il piccolo Gauss fu: 50X101 = 5050.
Questo per dire che la creatività non si esprime solamente nella realizzazione di immagini gradevoli e ben composte, ma anche nel risolvere i problemi (pratici) nel modo più lineare e semplice.
Normalmente basta una luce o due con una serie, anche cospicua, di “compensazioni” (pannelli argentati e/o bianchi di varie dimensioni) che altro non sono che la "simulazione" dei vari riflessi che, nelle situazioni nelle quali osserviamo ciò che stiamo fotografando, si verificano a seguito di pareti, piani d’appoggio, altri oggetti vicini, etc…
Ritorna sempre il concetto di interpretazione.
Interpretare e modulare a nostro vantaggio, ciò che normalmente vediamo intorno a noi.
Insomma: Progettare.
Progetto significa fermarsi un attimo e riflettere su cosa abbiamo intenzione di fare. Che atmosfera vogliamo abbia la nostra foto, che composizione, …..
L’unica strada per abituarsi a questo approccio è osservare, prendere in mano l’oggetto/gli oggetti da fotografare e cercare di capire come si comportano nei confronti della luce.
Verificare le differenze di comportamento dei diversi materiali. Un paio di scarpe di pelle, una pentola di acciaio lucido, un oggetto di metallo satinato, hanno ovviamente bisogno di una luce “dedicata” che riesca ad esaltarne le caratteristiche. Arrivare, quindi, ad una sorta di “automatismo” per capire che tipo di luce e che angolo di incidenza è il più opportuno per quello specifico oggetto.
Ricordiamoci che nell'osservare un'immagine, utilizziamo solo la vista, e quindi dobbiamo cercare di trasferire, all'unico senso a nostra disposizione, tutti i contributi provenienti dagli altri sensi.
Pensiamo solo alle foto di "food" come, ad esempio, il classico piatto di pasta: Occorre "vedere" che è buono, "vedere" il suo profumo, "vedere" la sua consistenza.
Allora dobbiamo adottare qualche piccolo artifizio come, ad esempio, non cuocere del tutto la pasta, ma scottarla appena. L'aspetto un po' rigido ci dà la sensazione che sia "al dente" e il colore giallo, che durante la cottura tende a svanire, la rende decisamente più fotogenica.
Anche in questo caso, come per la bottiglia descritta poco fa, la "sensazione" di naturalezza, viene "costruita" ritraendo qualcosa di non reale.
Osservare ed analizzare le foto delle Campagne Pubblicitarie e cercare di capire con quale set queste sono state realizzate.
Quest’esercizio è più facile di quello che può sembrare.
Tutti sono in grado di capire da che parte è rivolto il Sole quando osserviamo una foto di paesaggio, lo capiamo dalla direzione e dalla lunghezza delle ombre. Oppure se il Sole è velato o meno, lo capiamo sempre dalle ombre prodotte (dure o morbide) e dalle caratteristiche cromatiche (luce più fredda o più calda).
Stessa cosa con lo Still Life. Non c’è assolutamente nessuna differenza.
continua…
Concludo con una piccola serie di foto, alcune delle quali già pubblicate in passato, ed i relativi schemi del set.
continua…
continua…
continua…
continua…
Grazie per l’attenzione.
---------------
Threads che affrontano temi correlati o che semplicemente possono considerarsi dei validi compendi.
Allestimento set. Utile chincaglieria.
Still Life, estrarre l'anima dall'inanimato.
Still di oggetti con i quali conviviamo quotidianamente.
La Sezione Aurea.
Violare le regole di composizione.
Fattori che influenzano la composizione.
Soggettività. Mi piace o mi deve piacere?
Leggere la Fotografia
Messaggio modificato da ludofox il Jul 8 2006, 04:14 PM
Tutto molto bello e prezioso e preziosissimo l'approccio e il taglio dato al discorso.
Grazie!
Grazie!
Mammamia!!!
Hai messo a nudo proprio tutto!!!
Sei sempre il solito...
LO RIBADISCO...di quest'uomo,prima del professionista,amo la persona!!
Hai messo a nudo proprio tutto!!!
Sei sempre il solito...
LO RIBADISCO...di quest'uomo,prima del professionista,amo la persona!!
Grazie ludofox, chiaro e illuminante come al solito.
COMPLIMENTI PER LE FOTO,MA SOPRATUTTO PER I VARI SCHEMI ILLUSTRATI E DELLE LEZIONI
CHE FANNO SEMPRE BENE.PERO',PERDONAMI,SECONDO ME, LA FOTO DELLA CAFFETTIERA
LA PARTE ANTERIORE MI SEMBRA TROPPO ILLUMINATA, RISPETTO A QUELLA POSTERIORE.
L'ALTRA DOVE C'E' LA BOTTIGLIA E AL SQUADRETTA,MI SEMBRA UN PO' PIATTA,COME SE FOSSE UN DIPINTO.NON VOGLIO FAR POLEMICA, ANZI CERCO DI APPRENDERE.
CIAO,MICHELANGELO.
CHE FANNO SEMPRE BENE.PERO',PERDONAMI,SECONDO ME, LA FOTO DELLA CAFFETTIERA
LA PARTE ANTERIORE MI SEMBRA TROPPO ILLUMINATA, RISPETTO A QUELLA POSTERIORE.
L'ALTRA DOVE C'E' LA BOTTIGLIA E AL SQUADRETTA,MI SEMBRA UN PO' PIATTA,COME SE FOSSE UN DIPINTO.NON VOGLIO FAR POLEMICA, ANZI CERCO DI APPRENDERE.
CIAO,MICHELANGELO.
Sai rendere semplici da capire anche le cose complicate da spiegare.
Dote rara. Complimenti,
sergio
Dote rara. Complimenti,
sergio
Che dire,
Per fortuna Ludovco, con una serie di interventi ben mirati, ci sta introducendo nel mondo dello still life senza serbare nessun segreto.
Questa è la terza lezione pratica che ci regala in poco tempo.
Senza dimenticare quella teorica La Sezione Aurea, Quando la matematica incontra l'arte. estremamente interessante.
Insomma, non ho parole.
"I consigli di Ludovico" sono il titolo che ho dato ad un file word con la raccolta dei sui interventi.
Spero di poter presto passare dalla teoria alla pratica.
Ancora grazie, Ludovico.
Per fortuna Ludovco, con una serie di interventi ben mirati, ci sta introducendo nel mondo dello still life senza serbare nessun segreto.
Questa è la terza lezione pratica che ci regala in poco tempo.
Senza dimenticare quella teorica La Sezione Aurea, Quando la matematica incontra l'arte. estremamente interessante.
Insomma, non ho parole.
"I consigli di Ludovico" sono il titolo che ho dato ad un file word con la raccolta dei sui interventi.
Spero di poter presto passare dalla teoria alla pratica.
Ancora grazie, Ludovico.
A me ha davvero impressionato l'approccio che hai voluto dare a questa discussione, non una semplice riflessione sullo still life, ma una riflessione globale sulla fotografia e su come affrontarla, complimenti davvero e grazie per aver condiviso il tuo punto di vista e i tuoi pensieri.
Saluti, Roberto.
Saluti, Roberto.
Non posso che fare i complimenti a ludofox, che ho avuto il piacere di conoscere a Cherscho, per i suoi insegnamenti.
Voglio fare una piccola osservazione "estetica". Mi sembra che il modo di fotografare di ludo rappresenti esattamente il termine inglese "still life" (ancora vivo) al contrario del nostro "natura morta". Credo ci sia una sottile differenza. Che ludofox ha perfettamente fatto sua.
Ciao, ludofox, e un caro saluto a tutti.
Guido
Voglio fare una piccola osservazione "estetica". Mi sembra che il modo di fotografare di ludo rappresenti esattamente il termine inglese "still life" (ancora vivo) al contrario del nostro "natura morta". Credo ci sia una sottile differenza. Che ludofox ha perfettamente fatto sua.
Ciao, ludofox, e un caro saluto a tutti.
Guido
Ludovico questo è un intervento S P L E N D I D O, pieno di sostanza.
Così completo che, per il momento, a riguardo non ho domande da farti .
Grazie.
Messaggio modificato da Fabio Blanco il Nov 21 2005, 07:58 PM
Così completo che, per il momento, a riguardo non ho domande da farti .
Grazie.
Messaggio modificato da Fabio Blanco il Nov 21 2005, 07:58 PM
Ludovico... un tutorial Incredibile!
assolutamente da conservare!!!
Messaggio modificato da Lorhan il Nov 21 2005, 08:10 PM
assolutamente da conservare!!!
Messaggio modificato da Lorhan il Nov 21 2005, 08:10 PM
Fox MELOSONOBEVUTO e stampato...no comment.
Ottimo lavoro!
.... l'ho messo tra le cose da salvare ... (come dice Ligabue).
a Cherasco ne avevo perso un pezzo!
Ciao
Anna
.... l'ho messo tra le cose da salvare ... (come dice Ligabue).
a Cherasco ne avevo perso un pezzo!
Ciao
Anna
Grazie Ludo,
anche se non esprimo la mia personale gratitudine in tutti i tuoi threads sull' argomento sappi che me li sono salvati tutti in pdf nell' attesa di procurarmi un minimo di spazio e attrezzatura per fare qualche prova.
anche se non esprimo la mia personale gratitudine in tutti i tuoi threads sull' argomento sappi che me li sono salvati tutti in pdf nell' attesa di procurarmi un minimo di spazio e attrezzatura per fare qualche prova.