La mia passione per la fotografia è tardiva; infatti, esplode solo nel 2012 grazie alla frequentazione di un amico diplomato in fotografia con esperienza trentennale. Serate a volte noiosissime. Lui: entusiasta, passa ore a parlarmi di foto, esaltato dai dettagli del suo ultimo scatto. Io: speranzoso che a un certo punto -finalmente- cambiasse discorso.
Un giorno mi lascio convincere, e lo seguo per un’uscita; io con la mia bridge e lui con una -per me ancora sconosciuta - “reflex”: osservo, scatto, raccolgo informazioni. Il virus buono mi contagia, e il mio amico assurge al ruolo di “maestro”.
L’esordio però è stato molto complicato: la scelta dell’ottica, i tempi di scatto, l’apertura del diaframma, la composizione… una grande confusione. Con il tempo però tutto è diventato naturale, quasi semplice.
Tuttavia, la fotografia è un mondo così vasto che la tecnica migliore è spesso quella che devi ancora scoprire, e per lo più impari correggendo gli errori che ti accorgi di aver fatto. Impari anche che non è l’attrezzatura che fa grande un fotografo, ma solo la capacità dell’ individuo di utilizzare al meglio lo strumento che possiede, qualsiasi esso sia.
È così che la Reflex è diventata un’inseparabile compagna di vita: se non c’è mi manca, e mi pento ogni qualvolta decido di non portarla con me. Quelle poche volte che uso la fotocamera del cellulare mi sento quasi in imbarazzo. L’assenza del “click” dello specchio della reflex mi getta nello sconforto.
Insomma, la fotografia ha proprio cambiato il mio modo di vedere il mondo: cose che prima passavano quasi inosservate, sono ora dettagli fondamentali, che scruto con cura, a lungo, analizzando ogni particolare.