QUOTE(mmfr @ Nov 9 2005, 08:34 PM)
La modalità che utilizza una fotografia per comunicare non può essere soggettiva, bensì oggettiva, e deve essere compresa da tutti coloro che parlano il medesimo linguaggio percettivo.
(...)
essendo comunicazione, la fotografia
deve sottostare a delle regole...è come se in un discorso parlato, utilizzassi le parole pronunciate al contrario oppure non rispettassi la grammatica, il risultato sarebbe sicuramente deludente in quanto a comunicazione, magari soggettivamente potrei pure rimanere soddisfatto, ma gli altri!!!!!
i simobolismi di cui parli sono codificati e ri-conosciuti dalla nostra cultura ed hanno un preciso significato se cambi soggettivamente il valore ad un simbolo (es un colore) il messaggio risulta incomprensibile o sbagliato.
Quando parli di efficacia devi pensare che in realtà questa è indotta, non da una casuale e miracolosa combinazione di elementi e di simboli , ma da un' ordinata e rigorosa composizione, dove l'occhio e il cervello (attraverso la sua cultura in continua evoluzione) percepiscono il messaggio seguendo un percorso regolare e guidato.
Che poi sia difficile da ottenere un risultato del genere...su questo credo che possiamo trovarci tranquillamente tutti d'accordo...bisognerebbe sentire i "nostri" pubblicitari cosa ne pensano!!!
Cosa pensano i "nostri pubblicitari" aspetto di sentirlo anch'io... Intanto ti dico cosa pensa uno dei "nostri psicologi", se me lo permetti.
La tua prima frase, mi dispiace dirlo, ma non tiene conto proprio di un assunto elementare della comunicazione. La comunicazione è
percezione, e come tale è per default soggettiva.
Prima ancora che abbiamo il primo accesso cosciente all'informazione registrata dai nostri organi di senso, questa informazione viene
elaborata e
trasformata dai nostri circuiti sensoriali neurologici, che sono diversi per ognuno (per esempio, io percepisco chiaramente suoni che normalmente sono considerati ultrasuoni e non vengono percepiti... e
nessuno di noi vede i raggi X, o le radiazioni ultraviolette o infrarosse). Questo per dire che quelle che chiami "modalità oggettive" sono in realtà modalità
statisticamente normali. Ciò fa sì che tali modalità siano
già in partenza soggettive.
Dopodiché intervengono le cosiddette
trasformazioni linguistiche, e se entriamo in questo ginepraio non ne veniamo più fuori...
E veniamo alla seconda. Le cosiddette regole della comunicazione sono note, e fra i primi assunti della comunicazione ci sono "
Il significato di una comunicazione è l'effetto che ottiene", e "
La mappa non è il territorio". Ma c'è un altro aspetto: certamente se tu parlassi al contrario ci sarebbero delle difficoltà fra i tuoi ascoltatori, ma
questo non renderebbe la tua comunicazione inefficace, perché l'efficacia della comunicazione, come di ogni altra cosa,
può essere misurata solo sulla base dell'obiettivo che si prefiggeva di raggiungere...
Se fare tutto ciò suscita l'effetto da te desiderato, la tua comunicazione è efficace.
I "simboli", poi, sono un altro elemento essenzialmente
statistico. Persino gli archetipi Junghiani non sono così archetipici come a lui sarebbe piaciuto. Ad esempio, il simbolo del
serpente, che riveste un particolare significato nella cultura cattolica, ne ha altri completamente diversi in altre culture, e io personalmente gli attribuisco significati praticamente opposti a quelli standard.
Nessun simbolo significa la stessa cosa per tutti. Quindi, stiamo parlando di simboli che,
a grandi linee, hanno lo stesso effetto su una
maggioranza statistica di persone. E' molto diverso dall'essere
oggettivi. E il simbolo "colore" da te citato non varrebbe per uno affetto da acromatopsia o da daltonismo (complessivamente, una percentuale abbastanza significativa della popolazione).
E per quanto riguarda l'ordinata e rigorosa composizione, come dice giustamente Giada, essa è
inscritta nella nostra neurologia, e chiunque abbia familiarità con la Psicologia della Percezione o Gestalt lo sa benissimo. Si tratta di "sintonizzarsi" con le proprie percezioni ed emozioni...
Ecco, per me, se si ha idea (più o meno conscia, ma precisa) del risultato "comunicativo" che si vuole raggiungere, il nostro cervello seleziona quasi automaticamente la composizione che
più di ogni altra nel nostro repertorio ci permette di raggiungerlo, fatte salve le limitazioni dovute alle nostre convinzioni personali che ci limitano più o meno inconsciamente.
Detto questo, certo che studiare le regole di composizione è di grande utilità, perché amplia enormemente il nostro repertorio, l'archivio fra i cui files il nostro cervello va a pescare le opzioni e le soluzioni... ma deve diventare una
competenza inconscia, come l'uso del linguaggio, che funziona in automatico a seconda del risultato che si vuole raggiungere.
Scusate il post un po' "poco chiaro", ma sono di corsa e sto nel frattempo anche cucinando...
Messaggio modificato da twinsouls il Nov 9 2005, 09:39 PM