La richiesta che ha originato questa sequenza,
intendeva raggiungere la minore profondità di campo possibile e quella è ottenibile alla massima escursione tele oltre che al disponibile diaframma tutto aperto. Come correttamente asserito l'eventuale scelta del diaframma equivalente più chiuso aiuterà nello "stacco" luminoso d'esposizione tra primo piano e sfondo operando eventualmente con il flash, mantenendo lo stesso effetto di pdc (il minimo possibile su queste dimensioni).
Un eventuale diaframma controllabile in chiusura permette, in certe circostanze, di estendere (aumentare e non diminuire) la profondità di campo richiesta magari in forma esasperata sulle macro.
Come giustamente già osservato la ristretta dimensione dei sensori integrati sulle compatte, assieme alle estreme focali equivalenti degli obiettivi, non consentono estensioni controllabili della pdc su ristrette focali. Come già detto, una eventuale maggiore chiusura del diaframma provocherebbe una estenione (non gradita sui ritratti) e non una riduzione della profondità di campo già "eccessiva" se confrontato con un effetto comunemente riproducibile da una reflex o comunque dal formato 24x36.
Se da una parte la chiusura del diaframma comporta un'estensione della profondità di campo (sulle compatte già "eccessiva"), dall'altra incide abbassando il potere risolvente. La scelta di Nikon di operare su questo specifico schema ottico con un un filtro ottico offre dunque un'interessante compromesso mantenendo la più ridotta profondità di campo normalmente ricercata su sensori di ridotte dimensioni (con diaframma tutto aperto) e l'adeguato potere risolvente (con filtro ottico anteposto).
Giuseppe Maio
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