Grazie Stefano e Fedro! Se a Stefano giungono amiche della moglie in cerca d'un 'istant portfolio' (te la sei cavata proprio bene...), con questa storia mi potrà accadere che mi giunga una vecchina con un mazzo di foto consunte...
Foto amatoriali di guerra e di paceLe ultime foto che ho inserito sono di mio nonno. La prima del
1908, quando all'età di diciott'anni s'iscrive alla «Regia università» di Catania, e la
seconda probabilmente scattata i primissimi anni Venti, gli anni «ruggenti».
Tra queste due foto, eventi non insignificanti. Sicuramente Domenico, detto Mimì (ah, questi vezzeggiativi... Da Totò, Mimì e così via, siamo passati a Lory, Giusi...), si laureò in giurisprudenza, e soprattutto combattè durante la «grande guerra». Ho un suo album che raccoglie foto dal fronte. Non credo abbia coltivato la fotografia amatoriale, ma in quell'occasione suppongo si sia portato una camera: appare in pochissime foto, e dunque penso fosse proprio lui a fotografare.
L'album si apre con una foto in divisa d'artigliere in formato cartolina, scattata dal torinese Cavaja:
Il formato cartolina, come l'ho chiamato, è di 13,2 x 8,6 cm. Molto utilizzato nei primi decenni del Novecento, ha una cartonatura più sottile dei formati già visti, ma facente tutt'uno con la foto, e spesso -quasi sempre- ha il retro stampato per essere spedito come cartolina.
Questa foto, che compare in altra copia in apertura dell'album di guerra, è piuttosto malconcia perché è stata effettivamente spedita ai parenti il 14 gennaio del 1916. Laconico ed eloquente il messaggio: «Tanti saluti ai dubbi»... Probabilmente si temeva per la sua salute, e Mimì, per rassicurare tutti, si mostra sano e integro...
La foto rappresenta una delle tipologie d'inquadratura del formato cartolina che col suo formato agile, non troppo grande ma sufficiente a mostrare anche dettagli, si prestava sia al ritratto sia alla figura intera, come in questo caso, invariabilmente 'ambientata', sia a foto di gruppo.
Le foto dell'album sono molto sbiadite e attaccate dall'umidità, piccole e addossate l'una all'altra, e mal ritagliate. Vi compaiono alcune foto di commilitoni e di gruppo, del teatro di guerra che dovrebbe essere il Carso (una panoramica avrebbe meritato, ma è quasi irrecuperabile). Eccone una pagina, con un ritratto equestre di mio nonno, un suo commilitone sopra e ai fianchi due piccoli ritagli. A destra il soggetto posa col piede su un obice di notevoli dimensioni:
Tra quelle che meritano uno sguardo quelle che più restituiscono il dramma che si consumò tra il '14 e il '18, e sono ambedue notturne. Il riflettore che punta l'«obiettivo»,
e il cannone che martella nella notte:
Quest'ultima è davvero malridotta, ma non è l'unica e restituisce con icastica efficacia (semplicità di composizione, estremo contrasto tonale) la drammaticità della guerra.
Mio nonno trova un momento per fissare un paesaggio inusuale, con una prateria di nuvole ai suoi piedi:
Se non lo era già (l'Etna domina Catania con i suoi 3360 metri...), e malgrado il momento, s'innamorò della montagna, della sua maestosa solitudine: una tessera del Club Alpino Italiano m'informa che almeno dal '24, se non prima, frequenta assiduamente i luoghi che imparò a conoscere stando dietro a un cannone. Lo fece con senso del dovere, penso, perché una tessera dell'associazione nazionale dei combattenti precisa che al tenente d'artiglieria Domenico Nicosia fu conferita una croce di guerra.
La grande guerra fu archiviata negli anni Venti, caratterizzati da una grande voglia di vivere e divertirsi. D'altronde è comprensibile: chi era sopravissuto alla grande guerra, e soprattutto alla Spagnola, l'epidemia che falcidiò un terzo degli Europei, si sentiva in diritto e forse in obbligo di godere della vita. 20 milioni d'Europei furono uccisi da questa tempesta che imperversò tra il 1818 e il '19. Al confronto la grande guerra era cosa di poco conto...
Come raccontavo, uno degli unici due maschi Alonzo non la superò, e l'altro, il 'poeta', morì sotto una granata della seconda guerra mondiale... Tra i tantissimi falcidiati il poeta francese Apollinaire: sopravvissuto alla scheggia d'una granata che gli perfora l'elmetto nel '18, morì nel '19 per la Spagnola...
E chi sopravvisse? A Catania s'andava al mare, alla Plaja, la spiaggia bonificata proprio i primi del Novecento dall'ambiente malsano e paludoso che vi regnava. Gli scampati si potevano permettere un bagno, sia pur vestiti di tutto punto, e persino di fare i bambini davanti all'obiettivo: aver superato la falce della morte equivaleva a una seconda nascita, penso... Nel gruppo anche la futura moglie di Mimì, Maria Alonzo...
Queste foto amatoriali le possiamo definire delle vere e proprie istantanee. Inquadrature un po' improvvisate, ma certo il fotoamatore si mostrava abbastanza temerario a spingersi con la sua attrezzatura sin dove le onde avrebbero potuto danneggiarla, e dunque non penso si soffermasse troppo sui dettagli di composizione:
Ceramente cercava di cogliere l'atmosfera festosa, e con successo, direi. Volevo scrivere «vacanziera», ma sarebbe quanto mai sbagliato: all'epoca la vacanza non esisteva. Esistevano la villeggiatura -s'andava in villa, in campagna o al mare, nel periodo calddo- o il viaggio, quello che era ancora un vero viaggio. Le frotte di turisti frettolosi che girano attoniti spandendo l'omogeneizzazione culturale del «tutto compreso» ancora non avevano preso piede. Sì, erano altri tempi. Allora una giornata al mare era motivo di godimento, momento di relax lontano dalle città, e non un esodo seguito dalla protezione civile che culmina in una distesa di corpi e lettini...
(segue)