[attachmentid=76946]Diciamocelo: sulla nitidezza dell'immagine se ne sentono di tutti i colori. Quando poi ci si addentra in concetti che attengono all'ottica geometrica, allora il pressapochismo e il pregiudizio la fanno da padroni: gli orecchianti si trasformano in tuttologi e fanno a gara a chi spara le panzane pi� colossali...
...per cui, alquanto depresso per la lettera appena ricevuta, che mi spiega con dovizia di argomentazioni che gli obiettivi "x" hanno una profondit� di campo maggiore di quelli di altre marche, ho deciso che forse � il caso di offrire un modesto quanto (ne sono convinto) inascoltato contributo volto a sgombrare il campo da idee tanto sballate quanto perniciose (nonch� dannose per il mio equilibrio nervoso).
PROFONDITA' DI CAMPO: CHE COS'E'
La profondit� di campo, che d'ora in avanti abbrevieremo in pdc e che va distinta dalla profondit� di fuoco, � un'illusione. Un'illusione che entro certi limiti funziona, ma pur sempre un'illusione. Perch�? Perch� la messa a fuoco vera, perfetta, unica, si verifica solo e sempre su un piano geometrico. E se non avete rimosso i concetti base della geometria appresi in prima media, ricorderete che il piano non ha profondit�. Tutto ci� che non giace su quel piano � fuori fuoco.
MA ALLORA?
Perch� allora continuiamo a parlare di profondit� di campo? Perch� il nostro occhio � imperfetto e percepisce come punti anche i cerchietti, a patto che questi siano inferiori a un certo valore. Questo valore � il limite del circolo di confusione.
Perch� le immagini scattate col grandangolo sembrano avere tutto a fuoco? Semplicemente perch� la sensazione di profondit� di campo � inversamente proporzionale all'ingrandimento: oggetti pi� piccoli (quali quelli che appaiono in una fotografia grandangolare) appariranno pi� nitidi di oggetti pi� grandi.
Facciamo un esperimento dividendolo in due fasi. Prima fase: proviamo a riprendere lo stesso soggetto e lo stesso sfondo con un grandangolo (negativo A) e con un teleobiettivo (negativo

, dalla stessa posizione e con lo stesso diaframma. Ingrandiamo i due negativi dello stesso fattore. Otterremo due stampe diverse: in quella tratta dal negativo scattato col grandangolo (A) il soggetto e gli elementi di sfondo appariranno pi� piccoli di quanto non appaiano nella fotografia scattata con il tele (

. Inoltre la stampa tratta dal negativo A apparir� generalmente pi� nitida, con tutti gli elementi a fuoco. Seconda fase: ingrandiamo le due immagini in modo che gli oggetti rappresentati abbiano le stesse dimensioni (per farlo, occorrer� ingrandire il negativo A pi� del negativo

. A questo punto la pdc apparente sar� la stessa nelle due immagini.
DUNQUE, CHE FARE?
Se la pdc � un'illusione, noi possiamo trasformarci in illusionisti e farla lavorare per noi. Se non ne saremo capaci, essa lavorer� automaticamente contro di noi.
Gli obiettivi destinati alle reflex di piccolo e medio formato possiedono di solito una scala delle pdc basata sul calcolo dell'iperfocale. Ma attenzione! L'uso della scala non garantisce automaticamente che a quel dato diaframma e a quella data distanza di messa a fuoco voi avrete tutto nitido da un tot di metri all'infinito! Tutto dipende dal formato a cui ingrandirete l'immagine. Gli indici della profondit� di campo forniti dai fabbricanti sono tarati considerando un ingrandimento lineare di circa 4 volte. Ci� significa, nel piccolo formato, una stampa di 10x15 cm, che diventa di 24x30 cm se si usa un negativo 6x7 cm. Un po' poco, soprattutto se si considera l'uso di diapositive destinate alla proiezione su grande schermo.
Come rimediare? Semplice: conoscendo in anticipo l'ingrandimento al quale verr� sottoposto il negativo, sar� sufficiente chiudere il diaframma di uno stop per ogni formato maggiore. Esempio: stiamo lavorando in piccolo formato. La scala ci dice che a f/8 la profondit� di campo apparente si estender� da 3 metri all'infinito. Noi sappiamo che questo vale per una stampa standard di 10x15 cm. Se vogliamo ingrandire l'immagine fino al formato 13x18 cm, bisogner� impostare f/11 per avere la stessa pdc apparente, ed f/16 se l'ingrandimento sar� 20x25. Si tratta di un metodo del tutto empirico che per� in genere funziona.
GRANDE FORMATO, ANCORA PIU' COMPLESSO
Con il grande formato le cose si complicano. Gli obiettivi non hanno la scala della pdc. Esistono dei "depth-of-field calculators" basati sul metodo Sinar, oggi non pi� coperto da brevetto e pertanto utilizzabile e divulgabile liberamente. Il problema � che la Sinar aveva ideato questo sistema essenzialmente per destinarlo alle riprese in studio, cio� in un luogo chiuso dove le distanze non superano mai le poche manciate di metri. Se si prende questo sistema e lo si utilizza all'aperto, coinvolgendo distanze che arrivano fino all'infinito fotografico, il sistema perde efficacia. Inoltre il sistema proposto da Sinar funziona nel caso che non si ingrandisca troppo il negativo: chi lavora in studio per cataloghi, pieghevoli pubblicitari o per l'editoria sa che il negativo non verr� ingrandito oltre il formato 20x25 (per il formato 4x5", questo implica un ingrandimento lineare pari a 2x); ma nella fotografia di paesaggio (finalizzata per esempio alla realizzazione di poster) sono piuttosto comuni ingrandimenti che raggiungono e superano i 30x40 cm. Anche in questo caso occorre prevedere un'apertura relativa inferiore a quella suggerita dal calcolatore della pdc.
INDULGENTI E PIGNOLI
Abbiamo poco fa parlato del diametro del circolo di confusione, che � un dato matematico. Il nostro occhio "si accontenta" ed � disposto a percepire come puntiformi i cerchietti di luce inferiori a un certo diametro, calcolabile con precisione in base a formule (vedi articolo "Nitidezza a tutti i costi"). Ma occorre considerare che l'essere disposti ad "accontentarsi" dipende in gran parte dal cervello. Indipendentemente dalla capacit� di risoluzione del nostro occhio, il decidere che un'immagine � nitida oppure no dipende molto anche da fattori psicologici. E' noto come le persone inesperte siano disposte a sorvolare su errori di nitidezza che certo non sfuggirebbero all'occhio critico di un fotografo. Mi succede spesso di stroncare senza appello immagini che i miei allievi ritengono pi� che accettabili. E guai quando mia moglie assiste alle periodiche revisioni cui sottopongo il mio archivio personale: "Ma come! Butti via una diapositiva cos� bella?" Questo perch� il concetto del "bello" (per chi non � un fanatico della nitidezza) coinvolge elementi che non sono strettamente fotografici ma anche psicologici ed emozionali. Lo so anch'io che l'immagine che sto eliminando � evocativa e gradevole, ma so anche che nessuna agenzia seria me la comprer� mai (e se anche lo facesse, non vorrei mai sentir dire che Michele Vacchiano pubblica fotografie sfocate).
INFINITO CRITICO
Nella fotografia di paesaggio, la nitidezza all'infinito � generalmente pi� critica di quella degli oggetti vicini. Se � ammesso (o almeno tollerato) un primo piano non perfettamente a fuoco, soprattutto se la sua funzione � semplicemente quella di "quinta naturale" (tipo un ramo o una roccia), non � assolutamente accettabile una perdita di nitidezza dei piani lontani, che spesso sono il vero soggetto della fotografia (come accade per le montagne). Detto per inciso: io comunque elimino anche le fotografie che presentano un primo piano fuori fuoco, anche se fa da quinta naturale.
Un metodo empirico, attribuito al matematico e fotografo John Ward, consiste nel misurare la distanza del punto pi� vicino e la distanza del punto pi� lontano, dividere la differenza per tre e mettere a fuoco fra il primo e il secondo terzo. Esempio: l'oggetto pi� vicino si trova a due metri; l'oggetto pi� lontano si trova a venti metri. La differenza � diciotto metri, cio� tre terzi di sei metri ciascuno. La pdc ottimale si avr� mettendo a fuoco a otto metri, cio� i due metri dell'oggetto pi� vicino pi� i sei metri del primo terzo. Dopodich� si applica la regola vista prima, cio� chiudere il diaframma di tanti stop quanti sono gli ingrandimenti che eccedono le quattro volte. Con le reflex dotate di scala metrica l'operazione � agevole; con le macchine di grande formato occorrerebbe misurare l'allungamento del soffietto, cosa che in realt� tutti dicono di fare ma nessuno fa mai, soprattutto all'aperto. Questo spiega perch� chi fotografa paesaggi in grande formato adopera sempre diaframmi incredibili, tipo f/64 o f/90, mandando a quel paese le chiacchiere sulla diffrazione e sui rischi che ne derivano (vedremo dopo perch�). Ovviamente tutto si complica quando si devono basculare la piastra portaottica o il dorso: ma in questa sede non stiamo ad approfondire, dato che parliamo genericamente di profondit� di campo e non di tecniche del grande formato.
CHI HA PAURA DELLA DIFFRAZIONE?
Insomma, un gran pasticcio! Roba da convincersi a fotografare quadri e francobolli, che almeno sono piatti e non pongono problemi di sorta. Se invece abbiamo a che fare con un primo piano, un piano intermedio e uno sfondo allora son dolori. Se si utilizza il grande formato e le condizioni di ripresa lo consentono (cosa che non sempre avviene) si pu� utilizzare la regola di Scheimpflug, di cui abbiamo gi� parlato in altre occasioni (v. Arrivano i giganti, parte terza, qui; non potendo utilizzare questo espediente o con macchine di piccolo e medio formato non resta altro che affidarsi al diaframma, che dovr� essere il pi� chiuso possibile.
A questo punto la perdita di nitidezza, cacciata dalla porta (o per lo meno tenuta lontana) grazie alla chiusura del diaframma, rischia di rientrare dalla finestra a causa della diffrazione. Il rischio � reale e non va sottovalutato. Tuttavia occorre considerare un fatto incontrovertibile, e cio� che la perdita di nitidezza dovuta alla sfocatura � molto pi� evidente dell'eventuale perdita di qualit� dovuta alla diffrazione. Questo � un fatto incontrovertibile che rende la scelta obbligata. Anzi, di fatto non abbiamo altra scelta. Per cui mettiamoci il cuore in pace e non pretendiamo la perfezione. Una fotografia riuscita non � altro che il compromesso tra situazioni estreme. Il sapersi mantenere in funambolico equilibrio tra diversi fattori critici costituisce la competenza tecnica del fotografo.
Grazie a tutti
Riccardo