Ciao Nuvolarossa!

Uso il tuo stesso post come esempio di una cosa che dici: il CODICE � indispensabile.
In questo caso, il "codice" �
il significato attribuito alla parola "funziona" (che � il
"segno"): per te, mi par di capire, "funziona"
se la trasmissione del messaggio tra emittente e ricevente non distorce l'informazione. Per Watzlawick e, suppongo, per PAS, l'assioma "non si pu� NON comunicare" NON significa che la comunicazione "funzioni" nel senso che dai tu a questa parola, ma che
c'� in ogni caso una comunicazione... anche se probabilmente incompleta, distorta, o quel che vuoi tu.

Come vedi, la
parola � la stessa ("funziona"... anche se Watzlawick non usa la parola "funziona" nel contesto e accezione di significato in cui la usa PAS qui, o in quello in cui la usi tu), ma la sua
"codifica" (ovvero l'attribuzione di significato al "segno" del codice) � diversa, e questo crea un "problema di comunicazione".

Anche i "codici universali", per "funzionare" secondo la tua accezione di significato, avrebbero bisogno di una
corrispondenza 1 a 1 fra segno e significato... e non � MAI cos�.
Inoltre, c'� un altro aspetto del problema, ed � una cosa che Watzlawick descrive in "Pragmatica della comunicazione umana": la distinzione fra
diversi livelli logici non viene rispettata. Noi usiamo lo
stesso linguaggio per
comunicare e per
comunicare sulla comunicazione (metacomunicare)... e se non stiamo pi� che attenti, rischiamo di confondere i due livelli, e da l� non se ne esce pi�.

Quindi, oltre ai tre elementi da te definiti, bisognerebbe introdurne almeno un altro paio: il CONTESTO, che � altrettanto determinante ai fini dell'efficacia della comunicazione, in quanto stabilisce di per s� il "soggetto" a cui il codice � riferito e, in buona parte, il significato attribuito al segno stesso (o la
decodifica da usare per farlo)... Watzlawick chiama questo elemento "relazione", ed � un elemento oltremodo complesso.
E poi il LIVELLO: se stiamo
comunicando, � un discorso. Se stiamo
meta-comunicando, � un altro. Se non troviamo un
codice condiviso che ci dica quando stiamo comunicando e quando stiamo meta-comunicando, saremo nei guai...
Insomma, la questione della comunicazione � molto, molto pi� complessa di quanto si sia portati a ritenere.

Dal mio punto di vista, la questione va posta in termini diversi.
Il
"messaggio", per me, sono i DATI: le
pure e semplici informazioni veicolate dal mio "atto comunicativo".
L'
attribuzione di significato, come � inevitabile, avviene nel
ricevente, e dipende, oltre che da quello che gli ho trasmesso e come glie l'ho trasmesso, dal suo
sistema interno di "filtri" (convinzioni, preconcetti, valori, ecc.) che
selezionano le informazioni e le mettono in
relazione fra loro e con la "mappa del mondo" del ricevente stesso.
Questa attribuzione di significato
determina la risposta del ricevente (inclusa la risposta emotiva), che �, di fatto il FEEDBACK (retroazione)
sul risultato della comunicazione... ma, come tale,
fa parte del successivo step del processo comunicativo: in questo caso, il "ricevente" diventa "emittente" e viceversa.
Il problema del "bello" non tocca chi considera la fotografia una forma di comunicazione. Conta l'efficacia, che � un parametro diverso.
Un giorno di questi, quando ne avr� tempo e voglia, risponder� anche alla questione del "bello = vuoto"...
Ciao,
Davide