QUOTE(giulianodits @ Apr 8 2005, 12:45 PM)
QUOTE
tre foto più celebri in assoluto, accanto a quella di Alberto Korda che coglie lo sguardo del Che, finito su milioni di poster e magliette, e a quella di Robert Capa che fissa la morte del miliziano in Spagna
Che sono divenute famose, e rispolverate ancor oggi, per la loro forza ed utilità propagandistica!
Provate ad immaginare se analoghe foto avrebbero avuto tanto successo se fatte sul fronte opposto. Sarebbero state subito dimenticate e dell'autore si sarebbe dimenticato anche il nome, poichè colpito da "damnatio memoriae".
Qui la fotografia c'entra poco, trattasi di propaganda.
Proviamo, una volta, a non buttarla sempre in politica e a fare dietrologie infondate?
La famosa foto del "Che" è tutto fuorchè una "ricostruzione propagandistica".
Riporto Parte di un'intervista di Jaime Saruski all'autore, Alberto Korda:
Viene da chiedersi se Korda fosse consapevole del fatto che quelle foto...sarebbero andate al di là dell'istante in cui furono scattate. Ma Korda, in tutta franchezza, risponde che non era consapevole, nè che se lo aspettava. "Neanche quando facesti la famosa foto diChe Guevara, il 5 marzo del 1960, ai funerali dei caduti nel sabotaggio del vaporettoLa Couvre nel porto di La Habana?"
"Quella la feci senza che lui se ne accorgesse. Mi trovavo a circa 8 o 10 metri dalla tribuna...la mia macchina fotografica aveva un piccolo teleobiettivo. Improvvisamente mi accorgo che il Che si avvicina al parapetto della tribuna, dove si trovavano ancheJean Paul sarte e Simone de Beauvoir....Fino a quel momento il Che si era tenuto in seconda fila, capitò che si sporgesse a guardare il fiume di gente...allora potei scattare un paio di volte, niente di più perchè poi si ritirò indietro".
Una istantanea, dunque, frutto del caso e del colpo d'occhio di Korda.
Diego
Potrebbe sembrare ovvio per voi che io sia daccordo con Cristiano, ma visto che non sempre accade, stavolta devo dirlo francamente, sono in sintonia con lui sulle domande cui deve o dovrebbe rispondere una foto per essere considerata un racconto completo di un evento.
Come detto da Nico, questo non sempre è possibile e ne sono convinto anch'io, ma che ci si sforzi per avvicinarsi a queso concetto mi pare uno sforzo che un fotografo "deve" fare. Il come sta alla sua sensibilità e soprattutto al suo occhio fotografico.
Ci sono state foto che mi sono rimaste impresse per la loro completezza, da quella vincitrice del WPP 2002, a quella del solito McCullin "Operaio al primo turno" se non ricordo male il titolo. Foto insomma che non abbisognano ci una didascalia per raccontarci una storia completa. In alcuni casi il dove secondo me, può benissimo passare in secondo piano. In alcuni scatti infatti vi è contemplato più che un avvenimento uno "stato" che può essere comune al dilà dell'ambiente o della Nazione, ma che si fa tratto di congiunzione tra modi di vita o stati sociali.
Messaggio modificato da __Claudio__ il Apr 19 2005, 03:38 PM
Come detto da Nico, questo non sempre è possibile e ne sono convinto anch'io, ma che ci si sforzi per avvicinarsi a queso concetto mi pare uno sforzo che un fotografo "deve" fare. Il come sta alla sua sensibilità e soprattutto al suo occhio fotografico.
Ci sono state foto che mi sono rimaste impresse per la loro completezza, da quella vincitrice del WPP 2002, a quella del solito McCullin "Operaio al primo turno" se non ricordo male il titolo. Foto insomma che non abbisognano ci una didascalia per raccontarci una storia completa. In alcuni casi il dove secondo me, può benissimo passare in secondo piano. In alcuni scatti infatti vi è contemplato più che un avvenimento uno "stato" che può essere comune al dilà dell'ambiente o della Nazione, ma che si fa tratto di congiunzione tra modi di vita o stati sociali.
Messaggio modificato da __Claudio__ il Apr 19 2005, 03:38 PM
Infatti spesso si preferisce affidare il documento ad una serie di fotografie piuttosto che ad un singolo scatto e non è una tecnica sbagliata. Certo la collocazione spaziale e temporale non è facile, bisogna riconoscere abbigliamenti, architetture etc etc e quindi in primis avere la cultura necessaria. Certo non si può aspettare il cartello sempre, però spesso si può riconoscere da altri particolari dalla vegetazione, a un tipo particolare di decorazione, che se non altro può collocarla nell'area culturale probabile. Per questo motivo nonostante sia sempre la più vista e apprezzata, ma sempre la meno studiata, la fotografia di reportage o di fotogiornalismo è una difficilissima "arte". perchè dovrebbe riuscire unire al senso puramente estetico, anche quello tecnico e quello giornalistico. Ad oggi l'immagine fotografica, mi sembra essere più da corredo che un racconto in sé. Se quindi è difficilissimo fare una serie di fotografia che parli da sola è per questo motivo che una foto singola che risponda a tutte le domande citate prima, che abbia gusto estetico, forte contenuto e precisione tecnica, nell'arco di un attimo, dovrebbe diventare un simbolo assoluto e rappresenta per me, ciò a cui aspirare, fotograficamente parlando.
Io credo che ci sia troppa benevolenza, generalizzando e quindi senza citare casi particolari, negli scatti fotografici premiati. C'è troppa influenza del nome, della rivista, come giustamente facevi notare Nico,ma anche troppa partecipazione umana. La foto di una signora con l'Alzheimer come postata da Flavio, seppur potrebbe essere corretta nella serie di foto, perde valore come scatto singolo, anche perchè magari non era così stata pensata. Nonostante questo si tende ad immedesimarsi (ovviamente) o nel dolore che si vede o in quello che vede il fotografo e quindi considerare non la foto in se, se risponde a determinati criteri, a mio parere imprescindibili, ma le emozioni che trasmette la conoscenza dell'evento raffigurato. Tutti hanno una idea del disturbo dell'Alzheimer e quindi passano sopra ai dati rappresentati oggettivamente dell'immagine, votando più l'emozione che suscita il volto più o meno commovente della signora. E questo succede sempre, anche su questo forum e dovunque.
Quando io prendo i rullini sviluppati anche solo delle vacanze, mi chiedo se sono riuscito a trasmettere quello che io ho visto del posto, almeno dell'area ( a volte la collocazione esatta è superflua), e le sensazioni che io ho visto in quel paesaggio. E mi chiedo se faccio capire questo con una, dieci o cento immagini. Quando riuscirò a far capire tutto con uno scatto sarò un grande reporter, fino ad allora ho ancora da imparare.
Invece troppo spesso il reportage è considerato alza e scatta, poi scrivi cos'è e quindi a corredo delle tue parole ci sono le immagini. Un modo onesto per vendere, ma di un non elevatissimo spessore fotografico. Così se noi invece che cestinare una foto dalla quale non si capisce quello che si sta vedendo senza spiegazioni, la teniamo e la mostriamo con le speigazioni. Allo stesso modo le giurie hanno preso l'abitudine di valutare non direttamente e solo e unicamente la foto.
Senza riferirmi a nessuno in particolare, ma anche su questo piccolo angolo di mondo che è il forum, spesso vediamo immagini acclamate per motivi molto molto diversi dalla foto in sé. Se noi non siamo critici con noi stessi, non possiamo pensare di esserlo con gli altri e non possiamo quindi pensare che le giurie siano tanto diverse da noi.
Cris
Io credo che ci sia troppa benevolenza, generalizzando e quindi senza citare casi particolari, negli scatti fotografici premiati. C'è troppa influenza del nome, della rivista, come giustamente facevi notare Nico,ma anche troppa partecipazione umana. La foto di una signora con l'Alzheimer come postata da Flavio, seppur potrebbe essere corretta nella serie di foto, perde valore come scatto singolo, anche perchè magari non era così stata pensata. Nonostante questo si tende ad immedesimarsi (ovviamente) o nel dolore che si vede o in quello che vede il fotografo e quindi considerare non la foto in se, se risponde a determinati criteri, a mio parere imprescindibili, ma le emozioni che trasmette la conoscenza dell'evento raffigurato. Tutti hanno una idea del disturbo dell'Alzheimer e quindi passano sopra ai dati rappresentati oggettivamente dell'immagine, votando più l'emozione che suscita il volto più o meno commovente della signora. E questo succede sempre, anche su questo forum e dovunque.
Quando io prendo i rullini sviluppati anche solo delle vacanze, mi chiedo se sono riuscito a trasmettere quello che io ho visto del posto, almeno dell'area ( a volte la collocazione esatta è superflua), e le sensazioni che io ho visto in quel paesaggio. E mi chiedo se faccio capire questo con una, dieci o cento immagini. Quando riuscirò a far capire tutto con uno scatto sarò un grande reporter, fino ad allora ho ancora da imparare.
Invece troppo spesso il reportage è considerato alza e scatta, poi scrivi cos'è e quindi a corredo delle tue parole ci sono le immagini. Un modo onesto per vendere, ma di un non elevatissimo spessore fotografico. Così se noi invece che cestinare una foto dalla quale non si capisce quello che si sta vedendo senza spiegazioni, la teniamo e la mostriamo con le speigazioni. Allo stesso modo le giurie hanno preso l'abitudine di valutare non direttamente e solo e unicamente la foto.
Senza riferirmi a nessuno in particolare, ma anche su questo piccolo angolo di mondo che è il forum, spesso vediamo immagini acclamate per motivi molto molto diversi dalla foto in sé. Se noi non siamo critici con noi stessi, non possiamo pensare di esserlo con gli altri e non possiamo quindi pensare che le giurie siano tanto diverse da noi.
Cris
Vedere una discussione appassionata, interessante e ricca di opinioni così diverse finire in quarta pagina è stata una sofferenza. Almeno in segno di ringraziamento per chi l'ha promossa, Nico, e per chi l'ha mantenuta viva con l'ardore delle proprie idee, Cristiano, Claudio, Tembokidogo, Pagaso... scusate se non vi cito tutti, ma vi ho tutti presenti - e tutti vi ho letto con eguale attenzione, dovevo fare questo ulteriore intervento.
Ho stampato tutta la discussione - 83 pagine - e l'ho riletta un paio di volte sottolineando, evidenziando, appiccicando Post-it. La lettura è stata più interessante e costruttiva di molti costosi libri che si trovano in giro di questi tempi.
Molte sono le domande emerse nel corso della discussione, molti gli spunti interessanti, forte la tentazione di correre alla ricerca di un libro per approfondire, o meglio avvicinarmi, allo studio del periodo storico relativo allo scatto "incriminato" del miliziano di Capa.
Senza dilungarmi troppo, vorrei rispondere - sarebbe più corretto dire "fare un paio di considerazioni" su alcuni concetti espressi da alcuni di voi.
Cristiano, "la foto giornalistica dura un attimo - è l'attimo in cui l'evento accade" - hai scritto; parole sacrosante. La foto giornalistica è, o dovrebbe essere, solamente questo. La fotografia di quel preciso fatto realizzata nel preciso momento in cui accadeva.
Le foto create con il principio del "Yo lo vi" citato da Pegaso appartengono ad un'altra categoria, alle "ricostruzioni fotografiche", e come tali potranno essere giudicate esteticamente belle, tecnicamente corrette, perfettamente fedeli alla realtà, ma pur sempre delle ricostruzioni, non delle testimonianze "reali" dell'accaduto. "Yo lo vi", d'accordo, "io l'ho visto e vissuto così", ma forse non dalla stessa angolazione, con lo stesso punto di vista, con il medesimo angolo di campo. Prima ipotesi: vivo in prima persona una scena e la vedo non con il mio occhio, ma con il mio occhio attraverso l'obiettivo, con un angolo di campo ed una prospettiva che sono quelle del mio obiettivo; scatto e realizzo una fotografia della realtà che in quel momento vivevo attraverso la mia macchina fotografica, una "foto giornalistica". Oppure, seconda ipotesi: vivo la medesima scena, mi trovo nel medesimo campo di battaglia, ma con la macchina al collo, e lo sguardo che spazia libero senza l'intromissione dell'obiettivo. Adesso vedo la scena direttamente con i miei occhi, in un certo modo. Quando ricreo la scena, magari nel modo più fedele possibile, porto finalmente la macchina fotografica tra i miei occhi e la scena, forse mi sposto di mezzo metro rispetto alla realtà da me vissuta, solo per ricostruire ancora meglio quell'immagine, quel "Yo lo vi" così drammatico. Scatto e realizzo una bella, bellissima "ricostruzione fotografica".
Nico, resta ancora apertissima l'ultima questione da te sollevata, quella sulle DIDASCALIE. Questa sera si stà facendo tardi, mi prometto di riflettere ancora su questo argomento e di tornarci su al più presto.
Nella speranza che qualcuno di Voi abbia la voglia e l'entusiasmo per proseguire questa bellissima discussione che, quasi ogni giorno, si arricchisce con nuove sfaccettature.
Grazie a tutti,
Flavio
Ho stampato tutta la discussione - 83 pagine - e l'ho riletta un paio di volte sottolineando, evidenziando, appiccicando Post-it. La lettura è stata più interessante e costruttiva di molti costosi libri che si trovano in giro di questi tempi.
Molte sono le domande emerse nel corso della discussione, molti gli spunti interessanti, forte la tentazione di correre alla ricerca di un libro per approfondire, o meglio avvicinarmi, allo studio del periodo storico relativo allo scatto "incriminato" del miliziano di Capa.
Senza dilungarmi troppo, vorrei rispondere - sarebbe più corretto dire "fare un paio di considerazioni" su alcuni concetti espressi da alcuni di voi.
Cristiano, "la foto giornalistica dura un attimo - è l'attimo in cui l'evento accade" - hai scritto; parole sacrosante. La foto giornalistica è, o dovrebbe essere, solamente questo. La fotografia di quel preciso fatto realizzata nel preciso momento in cui accadeva.
Le foto create con il principio del "Yo lo vi" citato da Pegaso appartengono ad un'altra categoria, alle "ricostruzioni fotografiche", e come tali potranno essere giudicate esteticamente belle, tecnicamente corrette, perfettamente fedeli alla realtà, ma pur sempre delle ricostruzioni, non delle testimonianze "reali" dell'accaduto. "Yo lo vi", d'accordo, "io l'ho visto e vissuto così", ma forse non dalla stessa angolazione, con lo stesso punto di vista, con il medesimo angolo di campo. Prima ipotesi: vivo in prima persona una scena e la vedo non con il mio occhio, ma con il mio occhio attraverso l'obiettivo, con un angolo di campo ed una prospettiva che sono quelle del mio obiettivo; scatto e realizzo una fotografia della realtà che in quel momento vivevo attraverso la mia macchina fotografica, una "foto giornalistica". Oppure, seconda ipotesi: vivo la medesima scena, mi trovo nel medesimo campo di battaglia, ma con la macchina al collo, e lo sguardo che spazia libero senza l'intromissione dell'obiettivo. Adesso vedo la scena direttamente con i miei occhi, in un certo modo. Quando ricreo la scena, magari nel modo più fedele possibile, porto finalmente la macchina fotografica tra i miei occhi e la scena, forse mi sposto di mezzo metro rispetto alla realtà da me vissuta, solo per ricostruire ancora meglio quell'immagine, quel "Yo lo vi" così drammatico. Scatto e realizzo una bella, bellissima "ricostruzione fotografica".
Nico, resta ancora apertissima l'ultima questione da te sollevata, quella sulle DIDASCALIE. Questa sera si stà facendo tardi, mi prometto di riflettere ancora su questo argomento e di tornarci su al più presto.
Nella speranza che qualcuno di Voi abbia la voglia e l'entusiasmo per proseguire questa bellissima discussione che, quasi ogni giorno, si arricchisce con nuove sfaccettature.
Grazie a tutti,
Flavio
QUOTE(_Nico_ @ Apr 16 2005, 11:30 AM)
Quando ti deciderai a farlo per me sarà un sollievo !!!
Questa discussione ha fatto aumentare il volume della mia libreria; proprio mentre stavo cercando "Slightly out of Focus" e "Apocalisse Criminale" ( grazie , read in progress) sono passato a dare un'occhiata al volume relativo al World Press Photo 2004.
Ora, non vorrei che sembrasse una "leccata" al fresco NPU ( ) però, giuro, quello che ho pensato (con una sfumatura diversa da quella di Nico) è stato: "ma se non leggo la didascalia di queste foto non capisco molto !!!"
Scene di guerra, povertà, soprusi, disastri, uomini con elmetto .... sono tutte cose che so verificarsi nel mondo ma a me interessa sapere dove e quando.
E qui esce il lato drammatico della domanda che mi sono posto: una foto di guerra va contestualizzata perchè ce ne sono talmente tante in giro che non so a quale ci si possa riferire ... ... tristemente tragico.
Didascalie: io, per principio, le ho sempre detestate per un semplice e banale motivo: se devi descrivere con le parole quello che "dice" la tua immagine vuol dire che non hai saputo "scrivere" sufficientemente bene con la luce. E per un Fotografo è, secondo me, la sconfitta.
I premi: per me, come si dice dalle mie parti, "contano come il due di picche quando briscola è cuori"... In generale li vedo solo come delle sponsorizazioni ben mirate (anche se non tutti i Contest vanno catalogati allo stesso modo).
La foto premiata nel 2004 è sì tragica ma, come dice Cristiano, frutto dell'onda emozionale del momento, una foto che "sembrava" obbligatorio dover mettere in risalto.
Io avrei fatto sicuramente altre scelte per lanciare messaggi di ben altra levatura e soprattutto per premiare immagini "simboliche", valide anche fuori dal contesto specifico: rispettiamoci un po' di più, oppure non molliamo mai o ancora cerchiamo di tollerarci anche se diversi ... e ce ne sarebbero molte altre.
Nico ha beccato quelle veramente più assurde (la ragazza con la bandierina e la partita di hockey avevano lasciato senza parole anche me: ma che diavolo di foto sono !?!?!) ma credo comunque che, guardando tra le righe, ci siano "lavori" veramente validi.
In tema di "didascalia", non ditemi che senza leggerla non riuscireste a capire come e dove è stata scattata questa ?!?!?
Documentare un'evento in maniera completa, contestualizzata ed efficace è secondo me un'arte veramente difficile e forse mancano i "manici" veri .... o forse è solo che non perdono tempo con i contest ?!?!
La mia firma (anche se Pippo non è proprio un filosofo) è il mio modo di approcciare ma anche di comprendere la vita: non esiste mai una sola unica chiave di lettura delle cose ....
Devo lasciarvi, ci risentiamo ...
Ciao
Angelo
Link errato, scusate: qui corretto:
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In tema di "didascalia", non ditemi che senza leggerla non riuscireste a capire come e dove è stata scattata questa ?!?!?
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In tema di "didascalia", non ditemi che senza leggerla non riuscireste a capire come e dove è stata scattata questa ?!?!?
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Malgradola buona volontà di Photoflavio e Pegaso la discussione è tornata nel sottoscala senza un approfondimento sul rapporto tra l'immagine e la parola, ovvero la foto e la didascalia. L'avrei lasciata lì, se non si parlasse del World Press Photo sull'ultimo numero di Sguardi, che avrete ricevuto anche voi via email.
Ho rivisto la foto della donna con la bandiera americana -e va be' - ma m'ha colpito un aspetto che non abbiamo discusso, e in certo senso non è del tutto inerente al tema, anche se riguarda ugualmente la "costruzione" della foto, sia pure da un punto di vista tecnico:
L'edizione del 2005 ha visto la partecipazione di 4.266 fotografi che, da 123 paesi hanno inviato per la selezione un totale di 69.190 immagini. Per la prima volta tutte le opere sottoposte al premio sono state inviate in formato digitale (erano il 57% nel 2002, il 69% nel 2003, l'80,7% la scorsa edizione).
Poiché i premiati stanno anche in Perù, Bangladesh e Senegal, oltre i soliti paesi industrializzati, ne possiamo ricavare che ormai il fotogiornalismo mondiale di punta scatta esclusivamente in digitale. Sapevamcelo, direte...
Sì, sapevamo che la cronaca, lo sport chiedono tempi rapidi e dunque il digitale. Ma almeno io non pensavo che tutto il mondo fosse paese anche in Bangladesh e Senegal. Anche lì ormai la foto è questione di compact flash, trasmissione web e cose simili... Vi confesso che questo semplice dato mi sconcerta, nel suo scodellarmi una globalizzazione davvero totale...
Ho rivisto la foto della donna con la bandiera americana -e va be' - ma m'ha colpito un aspetto che non abbiamo discusso, e in certo senso non è del tutto inerente al tema, anche se riguarda ugualmente la "costruzione" della foto, sia pure da un punto di vista tecnico:
L'edizione del 2005 ha visto la partecipazione di 4.266 fotografi che, da 123 paesi hanno inviato per la selezione un totale di 69.190 immagini. Per la prima volta tutte le opere sottoposte al premio sono state inviate in formato digitale (erano il 57% nel 2002, il 69% nel 2003, l'80,7% la scorsa edizione).
Poiché i premiati stanno anche in Perù, Bangladesh e Senegal, oltre i soliti paesi industrializzati, ne possiamo ricavare che ormai il fotogiornalismo mondiale di punta scatta esclusivamente in digitale. Sapevamcelo, direte...
Sì, sapevamo che la cronaca, lo sport chiedono tempi rapidi e dunque il digitale. Ma almeno io non pensavo che tutto il mondo fosse paese anche in Bangladesh e Senegal. Anche lì ormai la foto è questione di compact flash, trasmissione web e cose simili... Vi confesso che questo semplice dato mi sconcerta, nel suo scodellarmi una globalizzazione davvero totale...
In questo momento ho un po’ di tempo e mi permetto di esprimere la mia opinione, dopo avere letto ed apprezzato tutti gli interventi in questo 3D, magari non condividendoli tutti. Anch’io all’inizio ne avevo fatto uno.
Sulle didascalie sono perplesso. Forse sono un romantico, ma credo che l’immagine debba parlare per se stessa. Mi rendo conto che può essere riduttivo, ma credo che nel momento in cui una persona (fotografo a qualsiasi livello) fa click, desideri immortalare quello e solo quel momento (HCB insegna, mi pare, ma non solo lui). La didascalia serve nel caso in cui sia assolutamente indispensabile far capire “dove”, “come”, “quando”, ma qui forse parliamo di documentazione, non di espressione dello stato d’animo della persona che fotografa. IMHO. Non voglio parlare del miliziano, immagine comunque rimasta nella mente di milioni di persone, credo, e tanto basta. Sarebbe però interessante poter vedere anche “l’altra faccia” di quella, come di tante altre guerre.
Tanto per non fraintenderci, io sto dalla parte del miliziano. Mi pare giusto dirlo. Però il mio modus pensandi mi porta sempre a vedere anche l’altra opinione, o per lo meno a cercare di capirla.
Ho avuto occasione anni fa di vedere , in Trentino, una mostra fotografica intitolata “La Gran Vera”, cioè la Grande Guerra, che rappresentava immagini di soldati, italiani per nascita e cultura, che, per “cittadinanza” combattevano nelle linee austriache. Molto interessante, mi ha dato molti spunti di riflessione.
Sul digitale che avanza… e la globalizzazione. Che dire? Se tutto questo servisse ad una migliore comprensione (fotografica e non) ne sarei lieto, ma dubito.
Fotograficamente parlando, io sto ricominciando e, pur avendo una compatta digitale (Sony, tanto per non creare equivoci) credo che riprendere in mano le vecchie radici non guasti. Poi, il mondo va in quella direzione e vedo difficile fermarlo. E’ solo questione di tecnologia… e prima – sicuramente – o poi non vedremo la differenza. Allora, forse, più che ora conterà l’occhio, elemento fondamentale nella catena dell’immagine.
Credo di essere andato O.T., e mi scuso. Però ,grazie a Nico che mi ha dato l’occasione di esprimere il mio pensiero.
Un caro saluto
Toad
Sulle didascalie sono perplesso. Forse sono un romantico, ma credo che l’immagine debba parlare per se stessa. Mi rendo conto che può essere riduttivo, ma credo che nel momento in cui una persona (fotografo a qualsiasi livello) fa click, desideri immortalare quello e solo quel momento (HCB insegna, mi pare, ma non solo lui). La didascalia serve nel caso in cui sia assolutamente indispensabile far capire “dove”, “come”, “quando”, ma qui forse parliamo di documentazione, non di espressione dello stato d’animo della persona che fotografa. IMHO. Non voglio parlare del miliziano, immagine comunque rimasta nella mente di milioni di persone, credo, e tanto basta. Sarebbe però interessante poter vedere anche “l’altra faccia” di quella, come di tante altre guerre.
Tanto per non fraintenderci, io sto dalla parte del miliziano. Mi pare giusto dirlo. Però il mio modus pensandi mi porta sempre a vedere anche l’altra opinione, o per lo meno a cercare di capirla.
Ho avuto occasione anni fa di vedere , in Trentino, una mostra fotografica intitolata “La Gran Vera”, cioè la Grande Guerra, che rappresentava immagini di soldati, italiani per nascita e cultura, che, per “cittadinanza” combattevano nelle linee austriache. Molto interessante, mi ha dato molti spunti di riflessione.
Sul digitale che avanza… e la globalizzazione. Che dire? Se tutto questo servisse ad una migliore comprensione (fotografica e non) ne sarei lieto, ma dubito.
Fotograficamente parlando, io sto ricominciando e, pur avendo una compatta digitale (Sony, tanto per non creare equivoci) credo che riprendere in mano le vecchie radici non guasti. Poi, il mondo va in quella direzione e vedo difficile fermarlo. E’ solo questione di tecnologia… e prima – sicuramente – o poi non vedremo la differenza. Allora, forse, più che ora conterà l’occhio, elemento fondamentale nella catena dell’immagine.
Credo di essere andato O.T., e mi scuso. Però ,grazie a Nico che mi ha dato l’occasione di esprimere il mio pensiero.
Un caro saluto
Toad
QUOTE(_Nico_ @ Apr 27 2005, 08:21 PM)
E non sei contento ?!?!?
QUOTE(_Nico_ @ Apr 27 2005, 08:21 PM)
..
Sì, sapevamo che la cronaca, lo sport chiedono tempi rapidi e dunque il digitale. Ma almeno io non pensavo che tutto il mondo fosse paese anche in Bangladesh e Senegal. Anche lì ormai la foto è questione di compact flash, trasmissione web e cose simili... Vi confesso che questo semplice dato mi sconcerta, nel suo scodellarmi una globalizzazione davvero totale...
Sì, sapevamo che la cronaca, lo sport chiedono tempi rapidi e dunque il digitale. Ma almeno io non pensavo che tutto il mondo fosse paese anche in Bangladesh e Senegal. Anche lì ormai la foto è questione di compact flash, trasmissione web e cose simili... Vi confesso che questo semplice dato mi sconcerta, nel suo scodellarmi una globalizzazione davvero totale...
... vado dall'altra parte della medaglia e sintetizzo il mio quesito ...
L'uso del digitale è diventato un opzione o un obbligo ?
Probabilmente, nei paesi ritenuti "arretrati", l'uso della pellicola per pubblicazioni (di qualunque tipo) può essere ancora abituale. Ma quando si vuole entrare nei paesi "avanzati" non sarà che il digitale sia diventato veramente un obbligo imposto ?!?!
Insomma, non è che noi "occidentali" dal punto di vista fotografico, siamo diventati un po' come i locali dove non si entra se non si è in giacca e cravatta ?
Questo sì che sarebbe un vero grande enorme problema per quella tanto agognata "libertà di stampa".
Vi lascio lo spunto senza andare oltre perchè, scusate, ma ultimamente i miei impegni sono sempre + pressanti ...
Ciao
Angelo
L'ultima volta che ho espresso il mio parere sulla globalizzazione (auspicabile se fosse libera), da chi e come viene guidata e sul perchè...il forum fu chiuso per quattro mesi...
Passo la mano...
Passo la mano...
QUOTE(__Claudio__ @ Apr 28 2005, 05:16 PM)
L'ultima volta che ho espresso il mio parere sulla globalizzazione (auspicabile se fosse libera), da chi e come viene guidata e sul perchè...il forum fu chiuso per quattro mesi...
Passo la mano...
Passo la mano...
Vero, ne fui colpevole anch'io
Comunque il fatto che al National Geographics continuino a preferire le dia, invece come lo spiegate?
QUOTE(nuvolarossa @ Apr 28 2005, 05:10 PM)
Comunque il fatto che al National Geographics continuino a preferire le dia, invece come lo spiegate?
Ingenuità americana.
Anche usando le dia gli sono capitate delle "truffe" da parte di fotografi che hanno montato/costruito le immagini e ricicalto immagini vecchie per cui la redazione ha dovuto chiedere scusa a posteriori.
QUOTE(nuvolarossa @ Apr 28 2005, 05:10 PM)
..
Comunque il fatto che al National Geographics continuino a preferire le dia, invece come lo spiegate?
Comunque il fatto che al National Geographics continuino a preferire le dia, invece come lo spiegate?
Questa è una domanda interesante e quindi mi rubo 2 minuti ...
Come si sa il NG fa della qualità delle immagini una sua bandiera.
E si sa anche che, per ogni servizio, le immagini da "analizzare" sono migliaia.
Io penso, quindi, che il vantaggio di una dia sia proprio nel poterla analizzare velocemente (per mani che lo fanno da cecenni ..) e èermetta di capire subito se la qualità è buona per poter essere stampata.
Mi spiego, un file digitale (e questo me lo insegnate voi ) è vittima di diversi "sistemi" che ne possono influenzare la qualità visiva: un monitor tarato male, un profilo colore diverso .. (e qui mi fermo per non dire ca..te) e quindi non è così facile capire "al volo" come la sarà la stampa finale sulla rivista.
Ma in fondo infondo credo che per loro il motivo principale sia, per ora, sostanzialmente uno: vogliono mettersi al riparo dalle "elaborazioni" ed essere sicuri che lo scatto "sia vero"...
E qui si chiude il cerchio di questo 3D
Ciao
Angelo
(ho appena visto la risposta di Al_fa ma questa la lascio per correttezza )
QUOTE(Al_fa @ Apr 28 2005, 06:15 PM)
Ingenuità americana.
Anche usando le dia gli sono capitate delle "truffe" da parte di fotografi che hanno montato/costruito le immagini e ricicalto immagini vecchie per cui la redazione ha dovuto chiedere scusa a posteriori.
Ah! Ecco spiegato il motivo... O sarà invece perchè la dia scannerizzata da chi lo sa fare davvero e con mezzi non dilettantistici è ancora migliore?
Comunque anche su questo...passo la mano.
Mah, la storia di N.G. è molto semplice: innanzitutto per una stampa tipografica di qualità la diapositiva è certamente un punto di partenza migliore per la selezione cromatica, e per di più offre un "originale" al quale fare riferimento.
Un servizio di N.G. presuppone la selezione di migliaia di scatti che devono essere analizzati nell'ambito di una "storia": se avete fatto caso, in genere nelle ultime pagine viene pubblicata un'immagine che si riferisce a uno dei servizi portanti - di solitop stupenda - e viene spiegato perchè s'è scelto di non pubblicarla, preferendone un'altra. Questo svela un po' come nasce un servizio di N.G., e aiuta a capire come si realizza un racconto fotografico giornalisticamente completo.
Poi, è una questione di tempi: nel fotogiornalismo di cronaca (quotidiani e agenzie) si viaggia sul filo dei minuti (quando ho cominciato a fare questo mestiere, troppi anni fa, mi ricordo che arrivavano in redazione stampe ancora bagnete, realizzate infilando il negativo non asciugato nell'ingranditore...)
E' chiaro che su questo fronte il digitale non ha rivali, ma quando - come nel caso di N.G. - fra la realizzazione sul campo di un servizio e la pubblicazione passano magari dei mesi, di fretta non ce n'è...
Diego
Un servizio di N.G. presuppone la selezione di migliaia di scatti che devono essere analizzati nell'ambito di una "storia": se avete fatto caso, in genere nelle ultime pagine viene pubblicata un'immagine che si riferisce a uno dei servizi portanti - di solitop stupenda - e viene spiegato perchè s'è scelto di non pubblicarla, preferendone un'altra. Questo svela un po' come nasce un servizio di N.G., e aiuta a capire come si realizza un racconto fotografico giornalisticamente completo.
Poi, è una questione di tempi: nel fotogiornalismo di cronaca (quotidiani e agenzie) si viaggia sul filo dei minuti (quando ho cominciato a fare questo mestiere, troppi anni fa, mi ricordo che arrivavano in redazione stampe ancora bagnete, realizzate infilando il negativo non asciugato nell'ingranditore...)
E' chiaro che su questo fronte il digitale non ha rivali, ma quando - come nel caso di N.G. - fra la realizzazione sul campo di un servizio e la pubblicazione passano magari dei mesi, di fretta non ce n'è...
Diego
Scusate,
ma per me vedere che Diego ha dato una risposta su NG "equivalente" alla mia è per me motivo di estrema soddisfazione ...
Significa che sfogliando e leggendo la rivista negli anni sono riuscito un po' a capire come nasce .
La prima soddifazione della giornata ...
Ciao
Angelo
P.S.
Non so se era chiaro, ma il "Doc Doc ! Ce ne sono ?" di prima voleva richiamare il più classico "Toc Toc ! C'è nessuno ?" ..
Spiegare le battute è cosa da comico fallito !!!!
ma per me vedere che Diego ha dato una risposta su NG "equivalente" alla mia è per me motivo di estrema soddisfazione ...
Significa che sfogliando e leggendo la rivista negli anni sono riuscito un po' a capire come nasce .
La prima soddifazione della giornata ...
Ciao
Angelo
P.S.
Non so se era chiaro, ma il "Doc Doc ! Ce ne sono ?" di prima voleva richiamare il più classico "Toc Toc ! C'è nessuno ?" ..
Spiegare le battute è cosa da comico fallito !!!!
QUOTE(Pegaso @ Apr 28 2005, 03:31 PM)
... vado dall'altra parte della medaglia e sintetizzo il mio quesito ...
L'uso del digitale è diventato un opzione o un obbligo ?
Probabilmente, nei paesi ritenuti "arretrati", l'uso della pellicola per pubblicazioni (di qualunque tipo) può essere ancora abituale. Ma quando si vuole entrare nei paesi "avanzati" non sarà che il digitale sia diventato veramente un obbligo imposto ?!?!
Insomma, non è che noi "occidentali" dal punto di vista fotografico, siamo diventati un po' come i locali dove non si entra se non si è in giacca e cravatta ?
Questo sì che sarebbe un vero grande enorme problema per quella tanto agognata "libertà di stampa".
Angelo, io penso che tu stia facendo della 'dietrologia'... Il dato è statistico, ed esponenziale. Alcuni anni fa il digitale copriva il 57%, quindi il 69%; oggi il 100%. Ciò dice chiaramente che il regolamento del concorso ammette sia foto ricavate da pellicola che dal sensore. E mi sembra ovvio: per quanto possiamo criticare le scelte, comunque cercano qualità, e non vedo perché dovrebbero scartare a priori un prodotto che è utilizzato ancora da una bella fetta di mercato professionale.L'uso del digitale è diventato un opzione o un obbligo ?
Probabilmente, nei paesi ritenuti "arretrati", l'uso della pellicola per pubblicazioni (di qualunque tipo) può essere ancora abituale. Ma quando si vuole entrare nei paesi "avanzati" non sarà che il digitale sia diventato veramente un obbligo imposto ?!?!
Insomma, non è che noi "occidentali" dal punto di vista fotografico, siamo diventati un po' come i locali dove non si entra se non si è in giacca e cravatta ?
Questo sì che sarebbe un vero grande enorme problema per quella tanto agognata "libertà di stampa".
Se cerco le migliori foto del genere X non mi pongo il problema se siano calotipi, alogenuri, bromuri o pixel. Ma se nel giro di quattro anni ricevo ormai solo un tipo di prodotto, allora la questione è semplice: in Senegal come a Cernusco sul Naviglio il fotogiornalismo si fa col digitale... E non direi che si tratta di giacca e cravatta, ma di tuta da lavoro: la foto, appena scattata, entra nel computer per le ottimizzazioni necessarie e parte in direzione della redazione nel giro di pochi minuti.
Ovvio che non solo a Cernusco sul Naviglio, ma anche in Senegal e nel Bangadesh la TV abbia imposto tempi strettissimi. La globalizzazione viaggia nel tubo catodico, e non tramite le schiere della giuria del World... Insomma, mi sembra proprio che tu stia confondendo l'effetto con la causa.
Che National Geographic ancora privilegi le dia non può che farmi piacere, ma è un genere completamente diverso, di nicchia. Non cronaca, ma documentazione naturalistica di struggente bellezza. Chi si occupa del genere lavora per mesi, almeno, e talvolta per anni, dunque non c'è alcuna fretta. Naturalmente la scelta delle dia dovrebbe garantire da eventuali truffe. Ma ormai sappiamo bene, grazie anche a questa discussione, che non solo Capa avrebbe realizzato dia perfette per il National Geographic...
QUOTE(_Nico_ @ Apr 28 2005, 10:25 PM)
Ammetto, è da + di un'ora che ho letto il tuo post e solo ora provo a rispondere.
Pur sapendo che non era assolutamente nelle tue intenzioni, la frase qui sopra è il peggior insulto che potessi farmi .
Quindi voglio chiarirmi.
QUOTE(_Nico_ @ Apr 28 2005, 10:25 PM)
Causa: gli scatti di cronaca devono essere in redazione in tempi brevi, ma MOLTO brevi.
Effetto: se scatto in digitale ho più chance di essere pubblicato.
Causa: vivo fuori dal mondo (Bangladesh/Senegal/Cernusco sul Naviglio ) ma voglio "far parte" del mondo, quello grande che va molto veloce.
Effetto: il mio mezzo di comunicazione non sarà la posta ordinaria ma il web, con una rete veloce che ormai trovo anche negli angoli più sperduti e che mi permette di fare in pochi secondi quello che prima facevo in molti giorni.
Causa: ho delle foto che vorrei sottoporre all'attenzione di molti papabili "publisher" perchè se le invio solo ad uno alla volta le mie chance diminuiscono molto.
Effetto: su qualunque supporto si trovasse il mio scatto, io lo trasformo in digitale. Ne posso inviare quante copie ne voglio con le più disparate destinazioni.
Causa: Ho uno scatto che ritengo eccezionale, ma purtroppo è su pellicola e temo possa fare una brutta fine se lo mando in giro per il mondo. Ho problemi ad avere una stampa all'altezza dell'originale.
Effetto: Trasformo in digitale il mio scatto. L'originale rimarrà nelle mie mani e ne farò ciò che meglio credo.
Potrei andare oltre, ma il lavoro mi chiama, spero solo di essermi chiarito a sufficienza.
Vorrei però sottolineare una sfumatura nella frase letta su Sguardi (di cui non ho trovato l'equivalente Inglese):
"Per la prima volta tutte le opere sottoposte al premio sono state inviate in formato digitale"
Qui si parla di Invio non di Scatto, anche se ciò nulla toglie alla globalizzazione digitale (della cui diffusione in Bangladesh, a questo punto, non capisco perchè tu ti sconcerti ...).
Ciao
Angelo
QUOTE(__Claudio__ @ Apr 28 2005, 05:22 PM)
Ah! Ecco spiegato il motivo... O sarà invece perchè la dia scannerizzata da chi lo sa fare davvero e con mezzi non dilettantistici è ancora migliore?
Comunque anche su questo...passo la mano.
Comunque anche su questo...passo la mano.
Per stampare sulla rivista non sono necessarri 20000 MPx dai lo sai bene
Con 4-6 Mpx non si vedrà neanche l'ombra dei puntini dovuti all'aquisizione dell'immagine mentre si vedranno i puntini di stampa.
Riesumo questa discussione per segnalare l'apertura, proprio da oggi, della mostra su Sessant'anni di fotogiornalismo in Italia a Torino. Curata da Uliano Lucas (link a una sua intervista), si concentrerà sul rapporto tra immagine ed editoria, ovvero sull'uso dell'immagine nelle pubblicazioni. Ma ovviamente è anzitutto ciò che promette: una carellata di fotogiornalismo che include sia le stragi di trent'anni fa, sia la cronaca rosa.
Ecco l'articolo della Repubblica e l'articolo della Stampa (sul Corriere non ho trovato notizie...)
(Ho modificato il titolo della discussione, divenuta ben più ampia del caso Robert Capa)
Ecco l'articolo della Repubblica e l'articolo della Stampa (sul Corriere non ho trovato notizie...)
(Ho modificato il titolo della discussione, divenuta ben più ampia del caso Robert Capa)
Grazie mille della segnalazione e della provvidenziale "riesumazione" del 3d...
...Uliano Lucas...un grande reporter che ha pagato col "quasi-oblio" la sua coerenza, e che bisognerebbe conoscere meglio...
Diego
...Uliano Lucas...un grande reporter che ha pagato col "quasi-oblio" la sua coerenza, e che bisognerebbe conoscere meglio...
Diego
Grazie della segnalazione a Nico e ben tornata a galla a questa bella discussione, ormai quasi diventata una "sezione" a se stante
Ciao
Angelo
Ciao
Angelo