Lui. Cominciò con una cosina Cosina CT1G e il suo cinquantino, allorché era povero e infante. Poi venne il ventotottoeffeduevirgolacinque Tamron e il settantaduecentoeffebuio Sigma, nientemeno.
Più tardi fu il tempo della FE2 e dei primi Nikkor.
La fotografia essendo pratica costosa e il nostro un tirchio, rari erano gli scatti, e la sventurata aspettava la ruggine (tranne che per il titanio) nello scaffale.
Galeotto fu il ladro e chi non chiuse la finestra.
Venne, si portò via la FE2, ma dimenticò quei pochi piccoli tubi di metallo e vetro dalle ghiere sensualmente scorrevoli.
Per geometria più che per passione, essendo che quei mozziconi da qualche parte andavano innestati, il nostro, per una cifra astronomica (egli non era ancora avvezzo alla fotografia "moderna" che trasforma la plastica in oro) si portò a casa una D40 miserina e gli parve un tesoro.
E la passione.
Insomma, un gioco infantile.
La passione ri-esplose.
Venne la D200, venne la D700. Vennero una ventina di cilindri Ai e Ai-S comprati usati. Ed era bello dimostrare che i vecchietti avevano più fascino e altrettante capacità dei bazooka di plastica (tigri di carta) stabilizzati con nanoparticelle e motorizzati SWM (monocilindrico Rotax, come usava un tempo).
Dopo l'estate arriva l'autunno, indi l'inverno (Dolls, Takeshi Kitano), la vecchiaia (Il posto delle fragole, Ingmar Bergman). La luce affievolisce, l'occhio si vela. Si rimpiange lo stigmometro.
Questa è l'era dell'AutoFocus. E ce ne facciamo una ragione.
Tiremm innanz.
(il fotografo di cui si tratta è un amatore de-evoluto, ed uno scattista compulsivo, che poco si volge indietro a guardare il risultato dei suoi affanni, ma scatta scatta scatta... ché la vita è breve!)